— ià§ — diffusione dello slavo, un bilinguismo, che sia penetrato in varia misura anche nella vita privata; ma la vittoria completa dello slavo nelle famiglie, mentre fuori trionfa l’italiano, la netta separazione tra la lingua usata nel foro domestico e quella usata nelle piazze, nella scuola, nei traffici, sono fenomeni artificiali, che possono durare per qualche decennio, ma non perpetuarsi nei secoli. Esaminiamo ancora in quali condizioni sarebbe avvenuta questa slavizzazione dei nuclei neolatini (nuclei solamente sono ammessi dal professor Skok nelle singole città alla fine del medio evo). Per una snazionalizzazione di questi gruppi, così tenacemente attaccati alle loro tradizioni di latinità i1), bisognava che si avverasse un radicale cambiamento nell’ambiente cittadino, una rottura completa col passato, che si creasse un nuovo indirizzo della vita e della cultura, una nuova atmosfera spirituale. Tant’è vero che il Jireòek e lo Skok, per spiegare la sparizione dell’elemento neolatino ricorsero alle pesti del Trecento, che avevano funestato le città dalmate. Ma anche a quei flagelli sopravvissero molte famiglie neolatine nei municipi, e l’antica nobiltà non vi fu distrutta; a Spalato, per esempio, ancora sulla fine del secolo XVII il Cavagnini in un poema croato (2) fa l’elenco delle famiglie nobili che si vantavano di aver nelle vene sangue salonitano. La lingua italiana o il dialetto veneziano — come lo ammette il prof. Skok — subentrati gradatamente all’antico dalmatico proprio in quel periodo, vi dominano in tutte le relazioni della vita esterna; la coltura italiana del trionfante Rinascimento trova in Dalmazia un terreno così propizio come nei maggiori centri intellettuali della Penisola e vi fiorisce rigogliosissima. La stessa penetrazione più numerosa degli Slavi, in seguito all’invasione turca, non poteva bastare per far sparire la parlata neolatina dalle famiglie, poiché tale infiltrazione — seppur contribuì a intaccare notevolmente la compagine etnica dei Comuni e a diffondere l’uso dello slavo — non limitò l’uso dell’italiano nella vita pubblica, nè ebbe un contraccolpo sui foco- (') Si consultino a proposito le cronache spalatine di Tommaso Arcidiacono (f 1268) e di Mica Madio (1284-1358). Cfr. A. SELEM: Tommaso Arcidiacono e la storia medioevale di Spalato, Zara, 1933; SlSIC : Mi le a Madijev de Barbazanis, in «Rad jug. Akad. », 183. (l) Poviesi vandelska (Bogastvo i Ubostvo), in «Stari pisci hrvatski », voi. XXII, pp. 98, 160, 161.