- 228 — Il Baroni dichiara con franchezza nell’ introduzione che colla sua scelta naturalmente non intende offrire tutto il Tommaseo «nelle sue espressioni più significative», ma che si contenta « di presentare alcune di esse espressioni, le più adatte a mostrare nel Tommaseo la qualità che indubbiamente gli compete di scrittore cristiano e cattolico». Però il Baroni, pur mettendo in primo piano le pagine di argomento religioso e morale, non ha limitato a queste sole la sua antologia, ma vi ha aggiunto brani descrittivi, di critica estetica, storici, filologici e persino traduzioni, ben intuendo che l'uomo, in cui i convincimenti religiosi formavano la nota fondamentale dell’anima, si specchiava intero anche negli scritti che non trattano di proposito tale argomento. Perchè il dramma religioso, come giustamente sostiene il Baroni, riempie tutta l’anima e accompagna tutta l’esistenza del Nostro; e chi non riesce a penetrare con intelligenza ed amore nelle sue varie vicende, che si riflettono in tanti scritti del Tommaseo, rischia di fraintendere — come è avvenuto a molti — tutta la sua opera. Su questo dramma religioso — studiato già particolarmente da G. Salvadori (La giovinezza di Niccolò Tommaseo, Roma, 1909) — sulla personalità così complessa del Tommaseo, sulle caratteristiche del pensatore e dell’artista il Baroni nella sua densa introduzione al volume ha scritto pagine efficacissime che, pur nella loro sintetica brevità, potrebbero servire di guida sicura a chi volesse trattare più ampiamente l’argomento e che in ogni caso dovrebbero essere attentamente meditate da quanti oggi con vergognosa leggerezza, spigolando nei numerosi scritti tommaseiani, improvvisano critiche e stroncature del grande Dalmata. Ne risulta un Tommaseo, certo non privo di spiacevoli difetti nel carattere irascibile e tempestoso, ma che per « la potenza di una lotta spirituale sempre viva, il continuo anelito alla suprema pace, lo sforzo di un’ intima purificazione, .....la sensibilità viva ed acuta, bramosa e dolorosa, la fantasia accesa, la passione travolgente» riesce un’anima «piena d’ombre e di luci, strana, singolare, ma indiscutibilmente grande » ; ben differente insomma dal concetto comune che molti si sono formati di lui come di un letterato astioso e maldicente, meritevole di rispetto unicamente per la sua portentosa scienza lessicografica e per qualche originale atteggiamento artistico. Al dramma interiore del Tommaseo, da quanto espone il Baroni, sembra poter applicarsi il noto concetto di S. Paolo (AdRomanos VII) della lotta tra l’uomo nuovo e l’antico, tra lo spirituale e il carnale, che nel Nostro non fu mai, o assai tardi, completamente vinta. È il dissidio doloroso e lacerante di chi, fermo nei suoi convincimenti religiosi, aspirava incessantemente a raggiungere nella vita pratica quelle vette serene dello spirito, «ma non riusciva a liberarsi da se stesso», legato com’era « a una personalità nervosa e prepotente e pugnace e sensuale che non vuol tacere, che non si vuol quietare, che sa umiliarsi e piangere e gridare la propria colpa, ma non sa abbandonarsi mai, o quasi mai, in una completa e perfetta apertura di cuore, dove tutto tacendo, risuoni una eterna parola. Egli sentì tutto il peso di se stesso, e dovette combattersi ad ogni momento; nè ogni momento vinse». Tutto ciò, a chi sappia leggere, si rivela nettamente in molte sue pagine autobiografiche. Poteva dunque anch’egli gettare il grido di S. Paolo: «Infelix ego homo: quis me liberabit de corpore mortis huius?» (Ad Rom. VII). E lo esprimeva con altri termini nella lirica II morire: «Pavento innanzi a Dio Recar l’incarco ond’ansimo, Da me medesmo oppresso. Non la morte, o Signor, temo me stesso ».