— 116 — Avremmo perciò desiderato che il Rosan s’indugiasse un po’ più a lungo nell’analisi di quest’operetta, mettendola in relazione cogli studi e le teorie grammaticali dell’epoca: ne sarebbe uscita più vivamente lumeggiata la novità e l’importanza. Nel comporla il Nostro ebbe intenzioni molto modeste: «aiutare, chi abbia qualche uso (della lingua italiana), a perfezionarsi in quella, mediante la contezza delle regole e forme di parlare, alla sua proprietà, pulitezza ed eleganza spettanti » (Prefazione). Programma, come si vede, essenzialmente pratico, basato su un sano empirismo, lontano da tutti i problemi delle categorie grammaticali che l’intellettualismo del nuovo secolo vi doveva apportare. Nè volle il Rogacci apporre il proprio nome alla prima edizione (Roma, 1711), che invece comparisce nelle successive, numerosissime (l). Il lavoro segna un ritorno alle predilette occupazioni letterarie della sua giovinezza e ci riporta dalle mistiche vette della perfezione cristiana alle più umili mansioni del maestro di grammatica e rettorica, che per tanti anni occuparono la laboriosa vita del Padre. E potrebbe sembrar strano che il Rogacci, proprio al termine della sua giornata terrena, mentre il suo pensiero era tutto assorto nella speculazione delle più alte e consolanti verità religiose, trovasse tempo e voglia di dedicarsi a simili più modesti argomenti, che sembrano impallidire e perdere d’importanza per chi pregusta le gioie dell’ eternità. Ma la formazione interiore del Nostro era tale, che egli attese sempre con altrettanta serietà e scrupolosità al suo ufficio di grammatico come all'altro di guidare le anime per i sentieri della fede; nè d’altronde in lui il mistico aveva ucciso l’uomo coi suoi affetti e le inclinazioni naturali. Tra queste principalissima già dai primi anni era l’attrattiva che esercitava sul suo animo lo studio delle lettere, l’amore della bellezza formale e della lingua, strumento preziosissimo per la diffusione della parola di Dio. Con quest’ ultimo lavoro, in cui esponeva i frutti del suo lungo e paziente insegnamento, egli quasi (*) Abbiamo presente l’edizione: Venezia-Milano, 1751, nella Stamperia di Carlo Giuseppe Quinto, Libraio e Stampatore.