513 MDXXVII, LUGLIO. 514 Dal campo, del Proveditor generai Pixani, di 17, da ... . Come sono mossi di Castel di la Pieve, et venuti ad alozar li. Item, hanno di Roma esser ussiti inimici et venuti al Borgetto, mia 30 luntano di là dal Tevere ; però par non habbino artellarie, et dicono voler andar in Lombardia più presto che venir in Toscana. Da Crema, del Podestà et capitanio, di 19. Manda questo aviso : ^Domino Bipolito Lana gentilhomo de l’illustrissimo signor duca di Milano, gionto hora bora.da Lodi, referisse che, essendo per montar a cavallo in l’hostaria gionsero molte gente d’arme et fanti de la Illustrissima Signoria, quali havevano seco cerca 16 cavalli, et parte erano leggieri, a li quali dimandò come haveano fatto. Et gli risposero che haveau sopra Marignano cerca tre miglia incontralo la scorta de nimici, quali haveano rolla et fallo 200 pregioni ; et il medesimo refferisseno haver inteso molti vivanderi che di hora in hora giongeno. ln-terogalo se lui ha visto gran numero di pregioni, rispose non haver'visto altro che quelli, perchè venero a Phosleria dove lui (era?) ; ma havendo cosa che gli importava, spironò il cavallo, et per quanto 336« lui intese, li altri erano andati a diverse hostarie et logiamenti a riposarse, peroché havevano fallo una volta longa et dicevano subito volere andare a lo exercito. Copia di una lettera di Babon di Naldo, scrita al podestà et capitanio di Crema, data a Lodi a di 19 Luio 1527. Perché questa malina havemo svalisato due insegne di fanti spagnoli et una di genie d’arme et un’ altra di cavalli legieri, quali erano a la scorta de li saccomani spagnoli a uno loco si dimanda Vi-rolo, vicino do miglia a Malignano, doi miglia di qua di Lambro, et perchè il bottino die essere comune di tulli noi altri quali eramo a la impresa, et per obviar a le qaestion et rixe fra noi soldati, havendo inteso che molti cavalli del ditto botino sono slà strafuradi et menati a la volta di Crema, per tanto prego vostra signoria si degni farli inlerle-nere, et del tulio darmi avixo, oferendomi a li ser-vitii di vostra signoria a la quale mi ricomando. Vene in Collegio uno messo di Guido Guaino, qual se ritrova in Porli et si voria venir a nostri slipendii. Diarii di M. Sanuto. — Tom. XLV. Vene uno messo de Forlì nominato Zuan Andrea Moratono, homo molto grasso. Copia di una lettera del Capitanio generai 337 nostro, data a Vaiano a li li di Luio 1527, scritta a la Signoria nostra. Serenissime Prìnceps. Io veramente mi posso chiamar pur tropo disgradalo, poi che così spesso mi bisogna venire sul iustificare con la Sublimità Vostra quelle coso de le quali essa senza mia colpa, non ne sapendo la intiera verità poiria chiamarsi offesa da me, come saria di questa che in questa hora ho inteso per lettere del mio oratore residente presso quela, zioè che ’I signor oratore fiorentino, essendoli slato così commesso da li Signori suoi, habbia pregata per parte de quelli la Sublimità Vostra che voglia tenermi ben contento, satisfacendomi di una nova capitulatione che dicono esser stala fatta tra questo clarissimo signor Proveditore et me per mezo di questo magnifico signor comissario fiorentino. Onde quella saperà, che havendo io, per quelle ragioni che a questa hora a la Serenità Vostra per mie lettere denno esser ben note, chiarito al prefato clarissimo P animo mio di voler servire, et che servirei quella senza altro adimandargli, soggiunsi che havendo il modo et lo arbitrio di servirla in lutto come conviene al grado del Capitanio generale, la servirei di lai modo ; non lo havendo la servirei di dire liberamente con sincerità il parer mio in ciascuna cosa, operando la persona mia sempre che occorresse contra nemici, intendendo ne P uno et l’altro caso far sempre quanto fusse stato in poter mio. Il che deve ben contentare, non si dovendo desiderare da altri più di quello che altri possa fare. Et questo dissi, perchè veduto, come pur in dette mie lettere scrivo a la Sublimità Vostra, quante volle et non per causa mia io non habbia potuto exeguire quelli disegni che a lei harebbeno apportato servigio et a me honore, come poi li tempi hanno più chiaramente mostrato, et ch^ nondimeno non passava senza mia grande impulalione, volevo, amaestrato dalla experienlia delle cose passale, più tosto mettere la vita a perdila certa che P honore in più pericolo, per non inlrare in cose de le quali io havessi a restare svergognato senza mio diffello, veduto maxime tra le altre cose novamente la partita de P exercito di Feramolino, et poi quella del capita- 337* nio Longhena senza istirna alcuna né della persona mia nè del grado eh’ io lengo, non mi havendo pur fatto molto alcuno di ossi, per il che lo illustrissimo 83