— 148 — davanti ai giudici le molestie ch’ebbe a subire da un indiscreto e troppo focoso corteggiatore, Ser Triphon Andrea de Bonda (*). Una volta nella « ruga delli chaligari » il giovane le strappò il copricapo e alle proteste della donna rispose: «viene con mecho, che tella voglio dare». Un’altra sera, davanti alla casa dei Bonda, assalita e percossa dal medesimo giovinastro, in compagnia di un altro, la sarta si mise a gridare in slavo: « Tripo sasto-me biete ». Il nobile non le perdonò quelle grida: alla festa di S. Biagio, davanti al palazzo dei Rettori 1’ affrontò con villane parole : « P..... da niente, perchè me nominasti quella volta sotto ala casa? Ti tagliaro lo naso!». Qualche giorno dopo — si era in carnevale — Trifone mascherato l’incontrò « al chauo della ruga loro » e nuovamente la investi : « Ribalda da niente, se io non schauezaro lo collo, non chaminarai con lo naso per la terra ». Un po’ più tardi, vistala uscir di casa, il nobile la salutò; « bona sera » e la donna, non sospettando di nulla, gli ricambiò il saluto: «Dio ti dara la bona sera »; ma in quel momento il giovane la colpi col pugnale sulla faccia. Nel documento i dialoghi sono riportati testualmente; ne risulta con evidenza che la donna si serviva di ambedue le lingue, il nobile solamente dell’italiano. Eppure quelli erano dialoghi familiari! E se nelle note, di cui i giovani nobili si divertivano a riempire i margini del Liber statutorum doane nel terzo decennio del secolo XV, si leggono forse i primi versi slavi della letteratura ragusea ed altre notizie in caratteri cirilliani, si leggono pure proposizioni intere scritte in italiano (« Ragusa non tiene altra festa saluo la nunciatio de la nostra dona ; Jun. fogi e danze se fa la sera di Santo Vito, vigilia de lo Baptista ecc. ») e financo due versi italiani — i primi anch’essi per Ragusa — di cui il Jireèek non s’era accorto, ma che potrebbero benissimo appartenere a qualche poesia popolare : « Per non far lieto alcuno de la mia dollia Rido taluolta, che de pianzer ho uoiia » (-). Di dalmatico qui non v’ è più traccia ; al suo posto è subentrato un toscano più o meno venetizzato. (*) Jirecek: op. cit., pag. 40-41. (2) Op. cit., pp. 58 e 59.