— 45 — basta immaginarcela con gli archi aperti invece che chiusi, come sono oggidì. Degno di maggior considerazione ci sembra il pilastro di un sol pezzo di calcare, le cui estremità superiore e inferiore oggi appaiono presso l’angolo che l’abside fa col lato orientale della basilica : due fori espressamente lasciati aperti nel muro permettono di scorgerli. Poiché il pilastro viene a trovarsi entro l’arco e sensibilmente più basso del suo intradosso, (l’altro arco dovrebbe trovarsi sul fianco opposto dell’ abside), si dovrebbe ammettere che esso nulla abbia a che fare con l’arco. Confessiamo che la presenza del pilastro in quel posto non ce la sappiamo spiegare. È gran peccato che il prof. Smirich, che assisteva al suo scoprimento, non ce ne abbia tramandato alcun cenno. Comunque, nè la presenza di quegli archi — i quali possono anche esser stati semplici rinforzi interni dell’abside — nè quella del pilastro valgono a distruggere in noi il convincimento che l’abside non ha subito alcuna modificazione e che essa è oggi quella che era in origine. In queste ricerche abbiamo considerata l’abside come parte residua di una chiesa scomparsa per causa ancor oggi non bene accertata. A dimostrare che essa sia di costruzione anteriore al resto della basilica, basterà porre attenzione alla circostanza, che nel suo interno, nel punto in cui essa si attacca alla navata centrale, la cornice che segna il passaggio dalla sua linea verticale inferiore alla linea curva superiore del catino prosegue, sì, nella cornice superiore del matroneo, ma incirca a 60 cm. sopra il punto in cui comincia la linea curva del catino. A questo fatto che riteniamo come testimonianza indiscutibile di due periodi di costruzione, va aggiunto un secondo, che, cioè alla vecchia chiesa, cui apparteneva l’abside, apparteneva del pari tutta la parete del tempio in cui l’abside s’apre e nel cui spessore s’incava in corrispondenza a ciascuna navata laterale un ampio nicchione: a sinistra nella cappella di S. Anastasia, a destra in quella dell’ Immacolata, nascosto oggi il primo da un cortinaggio, il secondo dall’altare della Vergine. Allorché nel 1903 s’iniziarono il restauro e l’infelicissima decorazione della cappella della Santa titolare, avemmo occasione di constatare che il muro in cui s’affonda il nicchione, che allora conteneva il sarcofago della Santa, era di costruzione affatto diversa da quella del fianco della chiesa che ad esso s’attacca; era un muro fatto di materiale minuto in spessi letti di calce magra e ormai quasi polverizzata; tale era esso anche alla destra del nicchione ove s’innesta il muro dell’abside col quale appariva sin dall’origine legato. I nic-chioni misurano in altezza 5.60 m., in larghezza 3 e in profondità 1.30 (vedi : G. Bersa, L’Arca e la Cappella di S. Anastasia nel Duomo di Zara,