— 308 — la grossolanità di alcuni errori: Pietro di Zirno, della famiglia priorile spalatina dei Prestanzi, è un Tugarano! 11 territorio costiero tra Almissa e Spalato è devastato dagli almissani tra il finire del sec. XII e l’inizio del XIII. E prima, e dopo? Non è vero che nel primo trentennio del duecento gli almissani fossero contro gli spalatini. Il legato papale Aconzio dovette scomunicare gli uni e gli altri. Non è vero che Domaldo fosse della stirpe dei Cacich. Le guerre tra Spalato e gli slavi non erano « lotte civili », ma lotte nazionali. (Per tutto questo ci sia permesso di rimandare al nostro lavoro, Un diploma inedito del duca Andrea Arpad e la storia di Spalato nel primo duecento, in Archivio cit., fase. 97 [aprile 1934], pag. 3 segg.). È assai arrischiato asserire che dopo Cossovo elementi serbi si stanziassero in questi paesi. La Bosnia e la Croazia rimasero in piedi ancora per più di un secolo. Piuttosto occorreva notare la impossibilità di stanziamenti duraturi per le devastazioni guerresche portate dagli ungaro-croati nel 1356-7, e ripetutamente dai bosnesi sul finire del secolo. Dopo tutto questo possiamo accettare la conclusione che « nel XX sec. gli insediamenti al mare cominciano a rinvigorirsi » ma quanto al loro fluitare nei secoli bisogna lasciarne l’indagine a storici ben altrimenti preparati. * M. BARADA, Vrijeme smrti i obiteljski odnosaji bana Mladena II. Novi prilozi. (L’epoca della morte e i rapporti famigliari del bano Mladino II. Nuovi contributi), pp. 167-171. — In base ad alcuni documenti di Traù l’a. stabilisce: 1) la moglie di Mladino aveva nome Elena e mori a Zara nel monastero di San Niccolò nell’autunno del 1341, 2) Mladino la precedette nella morte. Questi dati, messi poi in relazione con alcuni documenti degli Angioini di Napoli, fanno concludere che Mladino, dopo il suo imprigionamento del 1322, non visse libero in Ungheria, ma rimase carcerato fino alla morte. Non si tratta però, come l’a. crede, e come è affermato nel titolo, di Nuovi contributi. I documenti pubblicati nel II voi. di questi Atti e Memorie, 1927, pag. 138, n. Il, ben più perfetti e completi di quelli prodotti dall’a., permettevano tutte queste, ed altre, illazioni. * V. Foretto, Dubrovnik i Korcula (Ragusa e Curzola), pp. 173-180. — È rapidamente fatta la storia dei tentativi del comune di Ragusa di estendere la sua giurisdizione sul dominium insularum, particolarmente su Curzola. I primi tentativi risalgono alla metà del sec. XIII. Riescono vani giacché i curzolani, messi nell’alternativa di scegliere tra il comune raguseo, con conseguente perdita della libertà comunali, o di costituire della loro isola un lieve feudo di una famiglia veneziana, preferiscono quest’ultima soluzione ed offrono il contado perpetuo al potentissimo Marsilio Zorzi. Nella famiglia dei Zorzi, Curzola rimane sino al 1358. I tentativi di Ragusa vengono rinnovati nel primo ventennio del sec. XV, anzi dal 1413 al 1417 i ragusei riescono ad insediare nell’ isola un vicario. Resistenza formidabile oppongono però i curzolani : non vogliono consegnare i redditi delle terre comitali, non vogliono fornire armati, non vogliono consegnare il sigillo e le chiavi della città. Questo che 1’ a. chiama «strano atteggiamento» (cudnovato drzanje) è indice della loro volontà di conservare le prerogative, le insegne e i simboli esterni della libertà comunale, che non veniva affatto diminuita dalla presenza di un vicario raguseo, da essi considerato come semplice rappresentante regale, ma che, se avessero ceduto su quei punti, sarebbe stata irrimediabilmente compromessa. Gli sforzi dei curzolani effettivamente portarono alla conservazione del comune, che nel 1418 fu liberato da ogni pretensione di Ragusa e che nel 1420, con la dedizione a Venezia, fu rinsaldato nella sua esistenza. D’allora sino al 1797, messa alla pari di tutti gli altri comuni dalmati, Curzola visse di vita propria