— 200 — Andando più avanti M. Speranskij vi trova tracce di tradizione occidentale - (latina, italiana, glagolitica) e di tradizioni « orientali » (slava, greca, cirilliana), ma le sue argomentazioni non reggono, perchè non muovono da basi concrete e perchè la stoffa che siffattamente sembra di provenienza orientale è comune alla letteratura croata glagolitica, ed è probabile sia proprio di provenienza occidentale, come fanno supporre tutte quelle fonti italiane che il prof. Kolendié ha già trovato nella semplice recensione di detto Libro (cfr. « Prilozi za knjizevnost » ecc., v. Vili, p. 297 s, Bel grado, 1828). Una parola decisiva — a favore nostro — su questo orientamento l’ha data poi il prof. Resetar con lo studio speciale su detto « Libro » che ricorderemo a parte. Ma già cosi vediamo la grande importanza del Codice, il quale sempre più convince dell’influsso, modesto è vero, che la letteratura glagolitica ha esercitato sull’incipiente letteratura croata di Dalmazia: influsso che è stato poco considerato e curato specialmente negli ultimi decenni e che invece è l’elemento più prezioso per lo studio delle origini della letteratura croata. Ecco, come dei semplici studi analitici aprono la via a sintesi vaste e profonde! Nuovo esempio ci porge un articolo di F. Fancev, in cui effettivamente si parla di una poesia ragusea passata in versione cakava, ma da cui si può invece dedurre relazioni letterarie ben più ampie e comprovare sempre più l’opinione di coloro che ripongono la culla della letteratura croata nella Dalmazia centrale — non a Ragusa, dunque 1 — e considerano il cakavo come il primo dialetto letterario, imitato poi dai poeti di Ragusa (che erano stokavi) nella struttura grammaticale e nel suo sistema di versificazione. Così la notizia bibliografica che P. Kolendic dà di un catechismo raguseo stampato in cirilliano dal calligrafo veneziano Camillo Zanetti riesce pure importante per la storia letteraria di Ragusa, perchè illustra meglio la sua scarsa e scarsamente nota produzione cirilliana. E la scoperta — di A. Simcik — di una poesia del Giorgi passata nel popolo cioè divenuta popolare e come tale da molti ritenuta e pubblicata, all’ infuori dell’argomento strettamente Giorgiano, quanti sprazzi di nuova luce non getta sul carattere e sullo sviluppo della poesia popolare serbo-croata soprattutto sulla sua origine e sulle sue fonti ! Oltre a questi studi ce ne sono altri che trattano vari argomenti e colgono nuove messi. Interessantissimo — specialmente per noi italiani — l’articolo di M. Deanovic sul teatro italiano di Ragusa nel Settecento. Utile la comunicazione di A. Stojicevic che trova nuovi elementi popolari nella poesia del Ragnina. Aneddotica, ma per noi significativa, la notizia di F. Kidrié sulla biblioteca ragusea del barone sloveno Zois e sulle sue relazioni coll’Appendini. Un po’ troppo succinto il cenno di U. Taljia sulla biblioteca francescana di Ragusa, ma già così non privo di notizie « nuove » specialmente in ciò che riguarda i nuovi acquisti (posteriori al catalogo Ciulich), fra cui si trova un codice di versioni tassesche e ariostesche abbastanza recenti. E via così ! Non mancano però gli articoli, in cui non si consegue nulla di nuovo e si rimasticano cose già sapute e scritte. Strano e battagliero è l’articolo di M. Murko, in cui si vuole dimostrale essere stati i primi poeti di Ragusa dei semplici trovatori e non dei petrarchisti. Il M. che in gioventù sostenne questa tesi in un testo di storia letteraria e che poi la interruppe per molto tempo, ora la riprende con irriducibile ardore. Per sostenere la sua opinione egli si appiglia ad una monografia del Jagié, vecchia e superata (è del 1869), e riprendendo in esame la poesia dei primi poeti ragusei ne fa una calda rivalutazione e la considera in pari tempo emanazione della lirica d’ amore provenzale. Non staremo qui certo a confutare filo per filo ed oppugnare le asserzioni del M., perchè si tratta di una rocca di cartone espugnata e distrutta più volte da Krekovic, Resetar, Vodnik, Jensen, Haler,