— \ìi — Successivamente nel n. 10 dello stesso Giornale, in data 10 maggio ’64, apparivano, come suggerite dal prof. Nicola Gaetani-Tamburini, preside dell’Ateneo di Brescia, tre proposte, da lui fatte alla Società degli amici dell' istruzione popolare in Brescia; la prima: traslazione delle ceneri del Poeta da Ravenna a Firenze; la seconda: un’edizione della vita di Dante ad uso del popolo, perchè impari come si ami la Patria; la terza: celebrazione del Centenario come festa nazionale. La qual ultima, oscuramente, o, come poi disse il Solitro, timidamente avanzata, e, a quel che pare, contenuta nella lettera accompagnatoria al Giornale, più che nel testo della proposta, aveva bisogno da parte del direttore del Centenario di un chiarimento, espresso nelle seguenti linee «con questi concetti l’on. professore, proponeva che si domandasse al Parlamento che il giorno della nascita di Dante fosse dichiarato festività nazionale ». Ognun vede che si trattava di copia e ripetizione della proposta già fatta dal Solitro nell’ Apuano del 6 dicembre 1863. Per la qual cosa, il Tommaseo, probabilmente disgustato che si volesse togliere il merito della proposta a chi primo l’aveva fatta, nel n. 13 del Giornate del Centenario, in data 10 giugno 1864, ripresentanto al pubblico la lettera del Solitro all’Apuano, l’accompagnava sotto il titolo «Altro modo di celebrare la memoria di Dante » con le seguenti parole, degne d’esser ripetute. « La proposta che qui sotto si legge, fatta da uomo di eletto ingegno «che ben più frutto ne avrebbe dato in condizioni migliori, quand'anco « non sia curata da chi può metterla in atto, non può non chiamare a « utili considerazioni chiunque ama il patrio decoro. Degna di Dante sa-« rebbe che la solennità della sua commemorazione, essa, lasciasse memoria «di sè, che non si spegnesse a guisa di razzo, e come fuoco d’allegria, « non ne rimanesse che fumo. Sciorinar di lettere accademiche, e sventolar « di bandiere, pranzi e balli, sono ormai pompe volgari, che resero quasi « ridicoli i Congressi degli scienziati, che le feste politiche fanno esser « cosa quasi meno che scenica, e ai dispendii vani sopraggiunsero più « d’una volta dicerie scandalose. Onorare così la memoria dell’austero e «infelice Poeta, con tali allettamenti richiamare le sue ceneri dall’esilio, « invocare presente il suo spirito, sarebbe un offenderlo e un provocarlo. « Qual verso in quel dì suonerà degno di lui ? quale oratore oserà la « sua lode ? Meglio cantare, valentemente musicati, de’ versi suoi stessi, « e una raccolta di tali composizioni stampare, e invitare a ciò i più « lodati maestri, primo Gioachino Rossini. Meglio invitare gli artisti che « facciano una mostra solenne di disegni, tolti segnatamente dal Pur-« gatorio e dal Paradiso del sacro poema ; e le somme che sperderebbersi « in baldorie, all’esecuzione delle meglio apprezzate tra le proposte opere