— 214 — Lucerna e del Curcin (ma, tra altro, gli è sfuggito lo studio di St. Tropsch Njemacki prìjevodi narodnih nasih pjesama, « Rad », v. 166, Zagabria, 1906). Accenna ai primi tentativi o saggi di raccolte o di annotazioni di canti popolari serbo-croati, dagli atti di P. Zrinski alle edizioni del Miklosié e del Bogisié (ma non è detto nulla del Darsa, Het-toreo, Baracovich e altri). Ricorda alcuni (non tutti) letterati di Dalmazia con cui il Fortis fu in relazione e da cui sembra abbia attinto tdnte notizie preziose per il suo « Viaggio ». Venendo poi a trattare 1' argomento principale il M. afferma che il Fortis non raccolse la suddetta ballata direttamente dal popolo, ma la trascrisse da una raccoltina spalatense inedita che un tempo fu proprietà della famiglia Karaman e che poi fu pubblicata dal Miklosic. In quanto poi alla « localizzazione » di Asanaginica il M. è convinto che essa è sorta in quel di Imotski. Le ragioni storiche, filologiche e critiche che si adducono a proposito, sembrano verosimili. 11 lavoro del M. è fatto con molta accuratezza, con perfetta conoscenza delle fonti e con grande abilità nell’esame di ogni elemento essenziale. Tutto è raccolto quanto è necessario per l’argomentazione principale e ogni dato del testo è scrupolosamente documentato in nota a piè di pagina. Per quanto l’A. non adduca materiale nuovo e segua le orme dei suoi predecessori, ogni idea ed ogni dato sono scrupolosamente controllati o messi in nuova luce. Così si ribadisce giustamente l’opinione del Miklosié che riteneva il Fortis « der slavischen Sprache unkundig »; così si corregge la voce inesatta di «Tribouhug» per «Trebocconi» (Tribunj) che gli studiosi slavi del Fortis hanno sinora impunemente tramandato; cosi si ritoccano ulteriori inesattezze del Miklosié, della Lucerna ecc. Peccato che all’ autore sia sfuggito l’articolo di V. BOGISIC, Dva neizdana pisma Alberta Fortisa o Dubrovniku (Ra-gusa, 1905, estr. da « Srd »), perchè con la sua solita penetrazione egli avrebbe affrontato i dubbi espressi dal Bogisié circa il testo dell’Asanaginica (il B. pensa che essa sia stata scritta in jekavo e non in ikavo come oggi giorno ancora si crede) ed avrebbe forse svecchiata la tesi del Miklosié che è del 1883. Già così, il M. accettando pacificamente l’opinione del Miklosié trova «strana la riduzione jekava del testo ikavo » eseguita siffattamente dal Fortis. Noi invece ritorniamo alle obiezioni del Bogisié e dubitiamo che il Fortis, sia pure aiutato da altri, sia stato in caso — allora! — ed abbia sentito il bisogno di ridurre così radicalmente (salvo rare eccezioni) un testo ikavo-jekavo, e pensiamo che egli si debba esser servito di un ms. jekavo. Manoscritti di tale genere all’epoca sua sono stati compilati di certo a Spalato: cfr. Bogisié e lo stesso ms. Karaman citato dal Murko. Il Fortis poi se avesse sentito ed espresso il bisogno di tale jekavizzazione (e di un rispettivo adattamento ortografico), da buon «scienziato» l’avrebbe introdotto anche in altri passi del suo « Viaggio », invece p. es. a pag. 22 della I parte si legge : U/tani/e, Kragliu Rado/lave, Zlogga legga, i Zoriczu za/pà ; Odbixete Liika i Karbava, Ravni Kotar do vode Cettine. Peccato ancora che il M. non abbia notato « l’argomento » di Asanaginica fatto dallo stesso Fortis nello stesso libro, perchè ivi, oltre che il commento dello stesso traduttore, avrebbe trovato preziosi elementi di risposta a coloro che male interpretarono il « rossore » della sposa innocentemente ripudiata. A. Cronia