213 MDXXVII, MAGGIO. 214 di Rialto et S. Marco inviilati al pranso domar), alcuni dottori et sier Lorenzo di Prioli el cavalier, et quattro per conto del Serenissimo, sier Vicenzo Grilli, sier Fanlin da chà da Pexaro, sier Gabriel Vendramin et sier Piero Contarmi qu. sier Zaccaria el cavalier. Da poi sf recluse Pregadi, et ledo le lettere soprascritte, fu pósto, per i Savi del Conseio et terra ferma una lettera a l’Oralor in Pranza, con mandarli li summari di le cose di Roma, et persuada il re Cristianissimo a far provision el mandar li 10 milia sguizari et far altro, perchè non si facendo presto, indubitatamente li cesarei se faranno signori de Italia ; con altre parole ut in litteris, incitandolo a le provision. Et si manda la lisla delle nostre zente havemo in tutti do li exerciti. Ave tutto il Conseio. Fu posto, per li ditti, una lettera in campo al proveditor Pisani et proveditor Vitturi in risposta di soe, el come desiderassemo che ’I Papa fosse soccorso et Irato de lì, con segurlà però de l’esercito; et quanto a vui sier Zuan Vitluri, di le parole havete detto al Capitanio zeneral et fatto una scrittura, non dovevi mai far cussi, perchè sotto questa scusa non farà quello è il desiderio nostro; però si abstegni nell’avenir di far più tal cose, et quello consultino siano uniti 1’ un con l’altro Proveditor ; et altre parole. 138* F.t sier Beneto Dolfin el Consier messe, voler le lettere, con questo, atento sier Zuan Vitturi prove-difor non è ben sano, s;a eleolo il primo Conseio in loco suo uno altro Proveditor in campo con pena, con ducati .... et.parti immediate, ut in parte. Et Iella questa sua opinion, il Serenissimo li disse . non è tempo, et mandi prima la lettera, poi metti che parte che ’I voia ; el qual si tolse zoso. Andò la lettera. Fu presa. Et poi il Serenissimo fè licentiar il Pregadi, et restò il Conseio di X con tutte do le Zonte ; ma stele fino..... T)a Crema, fo lettere di sier Tiomenego■ Contarmi proveditor zeneral, di 27. Coma era venuto lì uno capitanio di fanti italian era con li inimici, chiamato .... con alcuni fanti, qual referisse che monsignor di la Motta castelan ilei castel di Milan, hessendo richiesto da li fanti spagnoli era nel castello, da viver, si pen^ò, dicendoli che andas-seno fuora con certi bollettini che havevano danari dal lai ; i qual ussiti et andati, volendo ritornar in castello non fono lassati più intrar. Item, dice che Antonio da Leva havia levato baver nova da Roma che Barbon non era morto ; per il che era stà fatto feste et precession etc. Et andato esso Leva per parlar al castellali, si dolse di non haver voluto lassar intrar essi spagnoli, con dir feva contra la Cesarea Maestà. Il qual li rispose voler lenir quel castello fin il duca di Borbon ritornasse et venisse l’Imperador in Italia, altramente lo teneria cussi. Da Brexa, di reofori. Con avisi di le cose superior, di moti di zente et ... . Gionse sora il porto una nave vien da Conslan-tinopoli con li salnilri ha donato il Signor turco a la Signoria nostra, canlara numero .... et partì zorni .... da Constantinopoli, et portò lettere del Bailo. Noto. Il formento heri et liozi caloe lire 2; siché li padoani valeno lire 9 il stero et non si trova com-pradori. Copia di una lettera di sier Domenego Venier 139 . orator nostro, data in CivitavecMa a dì 20 Mano 1527. Serenissime Princeps, et excellentissime Domine, Domine colendissime. i * Da poi la infelice captura et miserabel ruina de la città di Roma, non ho habuto alcuno che habbi voluto portar lettere a Vostra Serenità, desiderando io, come era mio debito, far intender il seguito, si della città, della Santità del Pontefice, come anche di me. Bora mò reducto in Civitavechia, facio la presente a Vostra Serenità dinotandoli il caso, come credo quella fino bora più largamente haverà inteso esser stato. Che Luni alli 6 del presente, ad utia bora di giorno li inimici, scaramuzando, cornili-ciorilo dar la battaglia da tre bande, zoè dalla porta di Prati al bastion drieto di S. Pietro et ad uno reparo facto al giardin del reverendissimo Cesis, dove mancava il muro della città. AI qual bastione si fece prima inanzi monsignor di Borbone a piedi, et ferito et morto da una artegliaria lo coperseno subito, et più arditi che prima montorno il bastione, dal qual vilmente fuzendo tutti li nostri, introrno, solo per spazio de meza bora durata la battaglia. Dalla porta di Prati, li nostri preseno Ire bandiere de li inimici, et poi anche similmente superchiando il valor de essi nemici, se ne fugi-rono. Et così intrali per tutti tre li lochi, fuzendo et li soldati et li romani, preseno il Borgo, dove seguite miserabil occisione. Il signor Renzo, reti-ratosi, mandò a dir al Pontefice si salvasse; il qual con quelli pochi cardinali si atrovavano seco si re-