- 52 — più leggero e dovendo esso conservare l’altezza datagli nel 1780, però senza che parte alcuna della finestra ne restasse soffocata dal legname, fu necessario ricorrere al ripiego di assottigliare gradatamente le capriate più prossime alla finestra, in modo che questa risultasse interamente visibile anche dal basso: ciò che appunto si ottenne senza pregiudizio alla stabilità del tetto. La demolizione dell’arcone, cui ci si dovette accingere anche perchè furono constatati i disastrosi effetti della spinta da esso esercitata particolarmente sul fianco sinistro della navata e il pericolo imminente che venisse a crollare la pesante arcata, segnò il momento più significativo in questa fase dei restauri, in quanto la navata centrale, nella linea ora non più interrotta dei suoi eleganti matronei, parve allungare e alleggerire la navata stessa e donare maggior ampiezza e respiro alle proporzioni della basilica. Fu in questa occasione che dal pilastro sinistro dell’ arcone venne fuori, avvolto alla buona in una lamina di piombo, il seguente documento scritto su pergamena (mm. 290x84): Anno Domini Nostri Jesu Christi. MDCCLXXX . A Mense Martio. Illmus, et Rdmus D. D. Ioannes Carsana Archiepiscopus, hujusdemque Civitatis Civis, Tectum superior hujus Metropolitanae, olim a Seculo deci-moquarto Plumbis coopertum, et cum Inferioribus simul ruinam minans, solidius in integrum remisit, et ad meliorem et pulcriorem formam Internum cum hoc Arcu a fundamentis extructo reduxit; sumptibus ipsius Metropolitanae ex Plumbis indictis, Reditibusque ¡||||||is depromptis, et ad suple-mentum aliquo peculio ipsius Archiepiscopi. Procuratore et Administ(ra)tore ordinario et ad hoc electo Me Presbytero Joseph Calvi hujus Ecclesiae Canonico ipsiusmet Colega Sebastiano N. Ponte; Opifice vero Antonio Bernardino Veneto. Anno MDCCLXXX1. Mense Decembri Perfecit. Dal documento risulta accertato che sino al 1780 il tetto della basilica era coperto di piombo e che questo fu venduto per sopperire alle spese dei progettati ristauri e rifacimenti. (Fu venduto, narra il Bianchi, a Venezia, e se ne ricavarono 8000 fiorini austriaci). In pari tempo sarà stato venduto pure il piombo della edicola e delle due piramidi di cui l’arcivescovo Giovanni Robobella (1496-1503) aveva adornato il fastigio della facciata del tempio. Che la copertura metallica del tetto risalisse al sec. XIV, crediamo verosimile, sebbene il Bianchi pretenda di sapere che fosse opera dello stesso Robobella; ma l’autore di «Zara cristiana» non accenna mai alle fonti da cui ricava le sue notizie. Molto probabilmente il tempio era coperto di piombo sin dall’origine; ma poiché si può ritenere per certo che nel 1202 il metallo sia stato asportato come preda di guerra — in quel tempo esso era preda preziosissima — dobbiamo pen-