— 345 — come abbiamo accennato, di aver recato rimpicciolite le tavole VI, XVII, XVIII, XVI e XXI ! Ci poniamo volentieri tra i peccatori di questo peccato, lieti di essere in compagnia dei più insigni paleografi del mondo. Ma è proprio vero tutto quello che dice il Barada? Se anche a proposito di misure metriche egli non ha opinioni particolari, ci permetta di osservargli che la nostra tavola VI riproduce l’originale in grandezza naturale. E andiamo avanti. * * * Passando dai problemi metodologici a quelli più particolarmente paleografici il Barada ci imputa come grosso e imperdonabile peccato quello di conoscere l’opera del Loew «soltanto ed esclusivamente» attraverso la opera del Novak. Abbiamo veduto e vedremo quanto alla lettera siano da prendere queste asserzioni cosi recise del severo recensore. In casi particolari non avremmo alcuna difficoltà, nè ci sentiremmo per nulla diminuiti, onestamente ammettendo di esserci serviti della Scriptura Beneventana per alcuni riscontri. Se poi questi riscontri nell’opera del Novak fossero sbagliati (si tratta — ora lo possiamo dire — di ben altro che di semplici sbagli di stampa !) e noi, usandone, fossimo stati indotti in errore, ci pare che la colpa non sarebbe poi tutta nostra. Perchè, se mai, recensendo a suo tempo la Scriptura Beneventana, una qualità non le negammo, questa fu proprio la derivazione dall’opera del Loew. Le rimproverammo manchevolezze ed errori nella informazione storica, deficienze nella parte euristica, mancanza di originalità, cervellotiche e inaccettabili congetture sulle interdipendenze tra scritture italiane e slave, la dicemmo un « rimasticamento del Loew», ma non le imputammo di essere un infido ed erroneo rimasticamento. Ora invece il Barada ci scopre che essa è proprio un infido ed erroneo rimasticamento. Quell’ultimo quarto di pallida luna che noi tuttavia avevamo lasciato brillare sopra di essa è ingenerosamente fatto tramontare dal Barada. La scienza potrà essergli anche grata di questo servizio, non certamente il Novak del quale egli si è eretto a difensore. Ma con il Barada * cautos nos esse oportet». Fermiamoci su qualcuno di questi pretesi riscontri sbagliati. Parlando dell’uso della a minuscola carolina nel «Breviarium inPsalmos» abbiamo a pag. 65 testualmente scritto: «Oltre all’a beneventana, ricorre 17 volte l’a minuscola carolina : una volta in mezzo di riga nella parola amen (V, 1, 14 m) e 16 in fine di riga, dove non vi sarebbe stato posto per 1’ a beneventana. Ci preme constatare questa caratteristica nei nostri frammenti (caratteristica che, come già il Loew, pag. 133, ha notato, è propria di tutti i buoni manoscritti in beneventana) perchè costituendo essi, come vedremo, uno dei primissimi prodotti dello scrittoio di San Grisogono, potremo in seguito