Dr. MlHOVIL KOMBOL, Talijanski utjecaji u Zlataricevoj lirici, Zagabria, 1933, p. 40, estr. da < Rad. Jugoslavenske Akademije », v. 247. « influssi italiani nella lirica di Slatarich ». Ecco lo studio che preannunciai o, piuttosto, presentii e della cui necessità parlai precedentemente, recensendo il libro inglese « Italian Influence... » di F. Torbarina e notandone la deficente rievocazione del poeta Slataric. È un colpo di piccone, anzi il colpo di grazia che disarma coloro che nel modesto verseggiatore croato di Ragusa videro un riformatore, un neoclassicista, un poeta spontaneo ed originale, e sulla base di ciò impostarono erroneamente un intero quadro di letteratura ragusea. Ora il povero Slatarich, detronizzato e smascherato, ci appare quale veramente è stato: modesto rabberciatore di poesia italiana come tutti i suoi compagni di « scuola » e di « lavoro ». Questo merito per la giusta interpretazione della letteratura ragusea se l’è conquistato il dottor Mihovil Kombol con lo studio, di cui qui si parla. 11 Kombol prende in esame la poesia lirica di Slatarich e notando quanto altri prima di lui frammentariamente scrissero su tale argomento (D. A. Zivaljevic e J. Torbarina) s’industria a esaminarne e riassumerne tutti gli elementi italiani. Sono molti, moltissimi questi elementi e da singole reminiscenze e luoghi comuni vanno sino ad intere parafrasi o a libere versioni. Del Petrarca c’è buona messe, ma colui che sovrasta su tutti è il Bembo. Ci sono anche punti di contatto con altri poeti italiani, ma rientrano nella comunanza di idee e di concetti del petrarchismo in generale ed è difficile precisare, fra tante miriadi di poesie petrarchesche, da quale poeta italiano siano stati particolarmente presi. Lo Slatarich di solito non si attiene ad un solo poeta, ma ora copia uno ed ora ormeggia un altro in una stessa poesia. Per esempio la poesia numero 130 (dell’ediz. di «Stari Pisci Hrvatski » di Zagabria) è un’imitazione della canzone del Bembo « O rossignuol che ’n queste verdi fronde », ma la descrizione della primavera è presa da un sonetto del Petrarca (Zefiro torna e ’1 bel tempo rimena) ed alcune similitudini alla fine sono ritratte da altri capitoli del Bembo. Similmente la poesia n. 99 è imitazione della ballata del Petrarca « Lassare il velo o per sole o per ombra», ma vi è invertito l’ordine dei pensieri e sono colte note anche da altri petrarchisti italiani. In ogni caso lo Slatarich non sa creare da solo ed ha sempre bisogno dell'aiuto altrui. Persino nelle più semplici poesie d’occasione calca modelli italiani e con l’uso di qualche termine locale, con un « slavna dubrava » per esempio, maschera la sua finzione. Finzione che traspare anche in una poesia scritta per la morte di una sorella ! Ed è proprio il caso di parlare di finzione. Non una nota spontanea, non uno scatto personale, non un sentimento genuino qualsiasi echeggiano o vibrano in tutta una massa inanime di versi. Tanto la situazione generale che temi particolari, immagini, idee, similitudini, simboli, frasi e parole, tutto è di fattura e di provenienza italiana. Soltanto la pratica, che il poeta ha fatto nel copiare, rimaneggiare, tradurre ecc. versi altrui (non è nemmeno il caso di dire « assimilare ») gli ha data quella fallace abilità tecnica njl «lavorare» la forma o meglio la materia poetica, che altri presero poi per sostanzi o per vita intima ed a torto esaltarono. Le prove che il Kombol porge nella sua rivalutazione » sono numerose e convincenti. Ma oltre a ciò egli ha campo di correggere e precisare anche altre questioni più o meno accessorie e completare così meglio il quadro della lirica di Slatarich. Egli nota, per esempio, punti di contatto con la poesia di Menze e di Darsa