170 « chi aveva orecchi potè udire fino a’ sibili della procella. Egli è che qualcuno degli attori s’arrischiò di montare la scena ammalato, con la voce del tutto affiocata ; tanto che decentemente non avrebbe potuto, non che cantare, parlare. Troppo virtuosa abnegazione, che antepose quella dell’ impresario all’ utilità propria, e al piacere d’ altrui ! Altri, se nou era ammalato, il pareva, e certo aveva il male della paura o della imperizia ; stonavano i primi, stonavano i secondi, si stonava pel raffreddore o per esser da natura stonato : in somma, uu mar di miserie, e s’immagini qual aspro governo si facesse della musica dell’ infelice maestro ; per guisa che se n’ è potuto capire assai poco, e vuole giustizia, come prudenza, che se ne rimetta ad altro tempo il giudizio, quan-d’ ella sarà men dilaniata. Ciò che intanto si può con tutta sicurezza affermare è eh’ ella è assai gaia e festiva, lavorata con buon gusto, con garbo, sparsa di motivi graziosissimi, di belle frasi, e per questo furono in ispecie notati un duetto nel se-cond’ atto, tra il buffo e il baritono, e un terzetto nel terzo, per quanto ne lasciasse indo-