325 MDXXVII, GIUGNO- 326 parte del mio memoriale mandato in Franza, che traila delle male provisione, delle quale veramente 10 non ho voluto nè inteso voler tassare la Sublimità Vostra, apresso la quale io non sollicilai lo accrescimento di svizeri et lanzchinech ma sì apresso 11 Guiciardini come a persona rapresenlanle alora la persona di Nostro Signore, eh’ era il principale, et che principalmente coreva alora a l’interesse suo. Et se io ne parlai al signor Proveditore, fu per modo di farlo capace del lutto, et che apresso il prefato Guizardini aiutasse la cosa se non ad altro effeclo; et per il medesimo dissi l'haver lassato partire quella parte di svizari, che il maggior defello però che fusse in questo vene da essi medesimi, et maxime dal lor capo, che volseron partire con-Ira il debito loro. Et molto più chiaro è ancor, che senza alcuna minima colpa sua fnsse il cassar delle gente fatto a Roma, eh’ io dico in esso memoriale. Il quale, oltre quello' che è in esso, mi bisognava dire per defendere con ragione et con la verità l’honor mio. Prima che io expedissi mostrai a lutti dui li clarissimi proveditori Pixani et Viclurio, et in lutto ini governai come è solito mio con il debito rispetto verso la Sublimità Vostra, et con bòna mente, con la quale veramente non si può lenir a verun modo offesa da me, ma sì più tosto forsi di non bavere particularigiate tal cose; il che tanto meno mi parve alora convenirsi, quanto che la bona mente mia se referiva et presuponeva nota la verilà di ogni cosa. Onde suplico la Sublimità Vostra che non solo arechi a sdegno, come per quelle sapientissime ragioni ch’ella ha delle haria ragion di fare, se io liavessi ciò fallo con altro animo. Noto. Gionse hozi di qui il canzelier di la comunità di Ravena nominato.......el fo dal Serenissimo, dicendo partirsi ora da Ravena, et quella terra esser inclinatissimi) a questo Excellenlissimo Slado, nè voler più esser sotto la Chiesia. Et come il conte Guido Rangon era venuto sul leritorio con 400 cavalli el 1000 fanti per voler mirar in dilla città. Erano etiam con loro li Rasponi, el la terra tolseno le arme in mano dicendo non voler che in-traseno dentro. Heravi zonli zà Marco Antonio da Faenza contestabile nostro con li 200 fanti, et li primi fanti haveano fati ; siché dimandavano maior presidio. Le do barche longe erano zonle lì. Ilor consultalo con li Savii, fu terminalo darli ducali 600 et vadi a far altri fanti, et le do fusle sono a Chioza, videlicet Conlarina el Canala, scritoli vadi a Ra- venna. Et cussi fo expedilo dillo canzelier questa sera indrio a Ravenna. Da Crema, del Podestà et capitanio, di 13. Scrive come Alexandro Roselo cavalaro, venendo hozi da Lodi, ha trovalo in strada uno servilor del capitano Masino suo amico, qual li ha detto che ’1 suo patrone se trova alogialo a Gambalò. El inte-rogato dele cose di Milano, ha dillo che tutte lo gente erano fora si sono retiate in Milano, et elio pono esser Ira spagnoli, lanzinechi et italiani al numero di 3000. Item, che beri ussite una grossa banda de fanti per andar a Biiiasco per levar do li pezi de artellaria che ivi erano el condurli in Milano, et che si diceva per Milano che francesi venivano, et 400 cavali francesi venuti di Astesana zà havevano passato Po ; et che le genie nostre si expectavano con desiderio, affermando la terra si haria. senza contrasto, di spingersi avanti, perchè non vi è che mangiare, ma che el si comincia a tagliar de le biave. Adì 16, Domenega. Fo gran pioza, et cussi la nolte si che è malissimi (empi, el mal a proposito a taiar le biavo. Si ia processione ogni giorno qui, et per le terre nostre portando Nostre Dono devo-tijsime atorno. Ma li tempi è dati a l’aqua. Vene l’orator di Fiorenza, dicendo haver lettere di soi Signori, come voleno star in la liga ma Vene 1’ oralor Anglico, dicendo haver hauto le-tere del campo heri come il cavalier Gixalio era orator del suo re a Roma, era zonto li et veniva in questa terra per passar in Anglia. Da poi disnar fo Gran Conscio, et vene il Serenissimo. Da Cataro, di sier Domenego Gritti retor etprovediior fo letere, di 7. Come erano venule lì in bocha fusle 25 di Barbaria, et sono mia 12 de li, unde loro di la terra si messeno in ordene non havendo paura di loro. Da Curzola, di sier Domenego da Mula di sier Agustin, di 11. Vidi letere, qual scrive cusì per lettere del retor di Cataro di 7 questa malina ricevute. Avisa la nova di le fusle che erano venule in quel Golfo di Cataro numero 25, luntan mia 12 de lì el le altre erano a Malunto. Si iudieba voglino luor qualche bona impresa, et dinota che ditte fusle hanno messo in lerra in Val de Nosa, el haver depredato quel locho, et laiato a pezi tulli quelli li li) La carta 215* è bianca. (1) La carta 218' è bianca.