551 MDXXYII, LUGLIO. 552 provision necessarie a servitio suo. É vero che contra il Guiziardini habbiamo usale gagliarde parole, parendone haver grandissima causa per li pessimi offltii che facea sempre contra di noi scrivendone mal per lutto, sicome bora dimostrano queste imputationi, et che bisognasse, per voler lui sempre intromettersi in quello che non se li conveniva, et lassar di fare quelle provisione che doveva, che così veniva a far grandissimi disor-deni per tutto come ogniun può sapere; et non 364 obstante questo esso et gli altri hanno potuto per experientia conoscere qual fusse l’animo nostro verso lui, perochè, havendo altri havutu intentione di amazarlo quando eravamo a l’Isola, noi per lo ambasciatore de Milano che era con noi, il quale ne farà sempre testimonio, mandassimo a dirli che non dubitasse, con offerta di deffenderlo da ciascuno et de pigliar le armi per lui. Il qual mostrando remaner di noi extremamente satisfatto, mandò per il medesimo ambasciatore a rengra-tiarne quanto mai dir se potesse, et havendo presa tal fede di -noi, quando occorse che quelli poi volsero effectualmente farli dispiacere, esso volse ricorrere a noi, et facevaio, se non fusse stato che Paolo Luzasco, il conte Azzo et alcuni altri lo impedirono, dicendoche essendo essi pagati da lui gli pareva incarco che andasse da allri per difendersi, et che essi lo deflenderebbeno, et che slesse al reverendissimo cardinale Egidio, persuadendone sua signoria reverendissima a lo effetto della cosa di Roma, con recordarne li exempii di molle cose antiche, per indurne a quello con disio di gloria. Noi respondessemo che quelle orationi non bisognavano con noi, il quale eravamo benissimo resoluti et deliberati, et che però le facesse pur con li altri ; et di questo non vogliamo altro testimonio che sua prefata signoria reverendissima, la quale sa bene quanto gli siamo stato servitore, et quanto desiderio habbiamo havuto sempre de farli servizio, et quello che per lei habbiamo fatto. Quanto alle aclioni nostre circa le cose di Roma, seria longis-simo scrivere ogni cosa ; però ne fermiamo in questo; il che mostraremo di nuovo con ragione quando bisognerà ciò, et haver fatto il debito nostro, et quanto ne è stato possibile tino in capo et più de li allri, quali se si è mancato hanno mancato essi et non.noi; il quale, olirà quello che ponno con verità dire moltissimi, ne remedíanlo di questo al testimonio del clarissimo missier Jo. Viclurio che fu presente al tutto, et a quello che può dire il cavalier Casale, il quale essendo ussito di castello et venuto al campo, adimandò a noi informatione de la cosa, qual noi dicessimo voler-gila dare in presenlia di tutto il Consiglio, perchè fusse chiaro che non volevamo dirli se non la verità, et potesse da li allri chiarirse che non fusse altramente, non volendo parlare in disparte come alcuni che non vogliono che la verità se intenda. Et cosi andassemo a casa de lo illustrissimo signor marchese di Saluzo, ove adunati tutti, li montassimo ogni cosa circa ciò et molle altre delle passate, et ad una per una furon confirmate da tutti come 364* può referir esso, il quale, essendo gentilbomo come è, crediamo che non dirà altramente ; et come può confirmare questo clarissimo signor Provveditore Pisani, et il prefato clarissimo Vilurio, dal quale per trovarsi hora là presente, si potrà torre questa chiarezza. Quanto ino’al parer vostro, che culi bona gratia de li illustrissimi nostri Signori vediamo di expúrgame da tale imputationi apresso il Chrislia-nissimo, et apresso il Serenissimo re de Anglilerra, le Maestà de' quali scrivete bavere inteso che restano di noi così mal satisfatti. Circa zio, veduto che non basta il fundamento che per Io adietro habiamo fatto del buono et sincero animo nostra in dire la verità, per non essere imputato, adimandarelene licenza a quelli Signori Illustrissimi, subintrando con essi in iustificatione di quanto et come vi scriviamo, et aggiongendo, che assai chiaro argomento del’ani-mo che havevamo di fare servitio a Nostro Signore, se può torre dal desiderio che ne mostrassimo quan-‘ do la Illustrissima Signoria havea ordinato che restasse la persona nostra de là da Po ; il qual desiderio fu di sorte che la fece resolvere a voler che venissemo; et ancor da lo haver noi senza aspetarne ordine alcuno da quella, transcese le Alpi quando intendessimo bisognare, et fatto poi nel tumulto di Fiorenza quello che ponno testimoniar tanti. Et insumma gli suplicarete a voler intender bene il tulto, et udire chi gli ne può dare vera informatione, perochè molte cose se sono dette che non se son fatte et molte falle et non dette. Et intrando in quella parte ove dicele non essere stata accetala nè reiecta la scusa fatta del memoriale mandato in Fran-za, et in quello che dicete apresso, per il che si comprende che la Illustrissima Signoria resti pur circa ciò poco satisfattale ben le lettere di quella al clarissimo Pisani mostrano il contrario, diciamo non sapere in che altra cosa la se possi chiamar offesa, se non fusse che,remelendone noi in esso memoriale a quello che più difusamente referirebbe monsignor di Aste, esso sotto questo havesse forsi dello qualche cosa