3G2 SCOAZZERA e SCOVAZZARIA, chiuso quadrato, di muro, senza tetto e aperto da un Iato, esistente per lo più ne’ campi, nel quale si ammonticchiavano le spazzature delle vie. Il Capitolo della chiesa di san Cassiano fu querelato nel 455G di avere usurpata « quaudam apolhecam, in quo loco dicitur fuisse quae-dam S'ovazzuria ». —, grossa barca destinata a ricevere le spazzature raccolte nei detti chiusi, per trasportarle fuor di città negli orli dell’ estuario aflìn di concimarli. SCOLETA, luogo di meretrici, nel quale s’insegnavano e si usavano disonestà. SCOPADULA, spazzatura. «......Ecclesia s. Thomac prohibebat projicere - scopndulas in ipsa piscina, et nullus audebat projicere scopadulas in ipsa piscina ». Così trovasi scritto in un documento dell’anno 1221 riportato nel Codice del Piovego. provando poi che in quell’ epoca non erano state ancora ¡[istituite le Sooazzere, e che le spazzature si gettavano nell’ acqua. SCOPAE, dicevasi così quella sorta di sferza con che uno per mortificazione si flagellava, appellata poi disciplina. SCOPOLO, SCOPULO e SCHIATTI, nomi varii co’quali si chiamavano le ¡solette della città che fossero state più eminenti delle altre. Dorsoduro dicevasi comunemente anche Scopulo. ' SCORROZOSI. Scena tenera e in pari tempo terribile accader solea negli antichi tempi al momento in cui, in una chiesa, sta-vasi per riconsegnare alla terra la terra che avea composto un uomo. Imperocché le spose o i mariti, i genitori o i figliuoli, * tutti coloro infine i quali per vincoli di amicizia o di parentela fossero stati streltaiueule uniti al defunto, si facevano a piagnere e ad ululare alla disperata, si strappavano i capelli e si lacera van le vesti, allontanandosi per sempre da quella chiesa, già divenuta per essi luogo di abbominazione. A correggere questo uso, che ricordava non poco le prezzolate lagrime e i gemiti delle prefiche antiche, pubblicato venne, nel decinroquarto secolo, 1’ ecclesiastico canone seguente. « Ad abolendam perversam cou-suetudinem, qua mulieres in funeribus crines cum clamoribus sibi laniant, nec alterius ad Ecclesiam redeunt per aliqua tempora, prohìbemus ne Clerus in Ecclesia aliqua quousque ibidem fieni lamentationes hujusmodi et clamores super funere, faciant