75 tosto ricomparirò, ma lungo molto, in altra parto: lo smergo preso veniva poscia inchiodato a guisa di Iroleo sulla porla o sopra l’imposta di una finestra della casa del fortunato uccisore. Nè qui sia inutile indicare, che a tutti gli ostacoli, che si opponevano ad uccidere la salvaggina, timida, scaltra e presta ad ogni lieve rumore a fuggire, un altro pure se ne nggiugnevn nel La-rus argentatus di Linneo, grosso gabbiano appellato dai Veneziani martinuzso, il quale ha per istinto, tramezzandosi tra il cacciatore e l’uccello preso di mira, di tanto stridere e di tanto andare a ruota sinché giugno a porre in fuga quest’ultimo, salvandolo cosi dalla minacciatagli morte. Ad onta però di queste non poche difficoltà, delle stagioni inclementi e dei disagi, che nelle caccie sull’acqua o nelle valli più sensibili e più numerosi sono di quelli, che s’incontrano nelle terrestri, con grande alacrità si perseverava nella faticosa occupazione, la quale poi veniva compensala in ciaschedun anno, sebbene con assai tenue premio, in un dei giorni sopra Natale. Falla in quel di una generale e solenne caccia, il doge presentava ciaschedun magistrato e ciaschedun padre di famiglia di cinque capri di sclvalicina, dono, che al principio del sestodecimo secolo fu mutato in quello di un’argentea moneta, la (piale in memoria dell’origino e della prima qualità del dono stesso ebbe a denominarsi Oselle, (v. Osella) avvegnaché in veneziano dialetto osella significa uccello. CACCIA dei tori. Avanzaticci, forse, dogli spettacoli gladiatori!, antico fu l’uso in Venezia di questa caccia, ancora in vigore in Ispagna. Ad ogni modo abusivamente dicevnsi a Venezia caccia dei tori, mentre, a differenza di quella, che si eseguisce in ¡spaglia, la caccia non era giustamente di tori ma di bovi. Permesse queste caccie nel carnovale soltanto, venivano date nei di feriali il dopo pranzo nei campi, o piazze, delle diverse contrade, e i campi più frequentemente prescelti erano quelli di santa Maria Formosa, di san Paolo, di santa Margherita, di santo Stefano, di san Giovanni in Bragora, di san Giacomo dall’Orio, di san Barnaba e di san Geremia. Appeso nel campo un ornato pallone a segno della lesta, bastava quello per divulgarne l’annunzio: intanto le famiglie agiate dimoranti sul campo, mandavano invili agli amici, le povere appigionavano le finestre, e intorno al campo s’innalzavano gradinate di legno. Cosi disposte le coso, giunto il giorno e il momento della festa, comparivano a suo» di tromba nello stecconato i bovi condotti da macellai e da Corte sani, che dicevansi Tiratori, i quali bellamente pol lavano brache di velluto nero e giubboncello di scarlatto, con berretta rossa in capo se fossero stati della fazione Castellana, nera se avessero