129 riamente magnifico siccome leggesi nel Libro X della Fenetia città nobilissima, et singolare del Sansovino; avvegnaché morto, nell’ anno 1605, quel principe, gl’ Inquisitori ed i Correttori ordinavano, che abolito fosse in perpetuo quel costume, sembrato essendo loro, e ben giustamente, non convenire al buon ordine dello Stato di una repubblica l’eccessivo lusso^ eh’ esigevano donne innalzate al primo onore. Da quel momento la moglie del doge fu considerata pari a qualsivoglia altra gentildonna,, e se pur le vennero conceduti alcuni privilegi, questi ad ogni modo furou ben tenui in confronto di quelli goduti in antico, ed erano i seguenti. Eletto a doge il marito s’inviava un segretario del senato a congratularsi colla dogaressa. Nelle feste pubbliche ella stava sempre alla sinistra dèi doge, continuando ad usare il velo ed il manto. Intervenendo a feste private, i gentiluomini e le gentildonne della casa si recavano a riceverla, i primi alla porta d’ ingresso, le seconde a’ piè delle scale, sospendendosi al di lei arrivo le danze, o la musica sino a che si fosse posta a sedere in luogo distinto. Avea quattro scudieri particolari, due dei quali erano destinati a precederla, c due a sostenerle Io strascico del manto; erano al di lei servigio due gondole, di cui una con ispec-chi a’ lati, e con felze ornatissimo. Defunta la dogaressa si vestiva il cadavere di lei col manto d’ oro, con guanti bianchi e con cuffia, coprendosi tutto coll’ anzidetto velo usato nelle pubbliche cerimonie. Di questa guisa accomodato esso cadavere e-sposto veniva fra quattro torcie accese nella camera maggiore dell’ appartamento della trapassata, ponendoglisi a’ piedi una croce: dopo la mezza notte, coll’accompagnamento di un solo prete e di un solo cherico era trasportato alla basilica di san Marco,, e riposto sopra magnifico catafalco. Celebrate il giorno appresso le esequie con musica, e recitata la funebre orazione, era il cadavere processionalmente recato alla chiesa, in cui esisteva la tomba della famiglia, per esservi sotterrato. DOGE. Tolto l’esercizio della podestà legislativa, i primi dogi governarono a guisa di sovrani, trattando co’ principi forestieri come un re tratta con un eguale. Davano i Veneziani al doge loro il titolo di serenissimo, di eccellentissimo, di altissimo, di fortissimodi potentissimo, e a due cori nei giorni delle principali festività cantavano nelle chiese le lodi di lui : per ciò un coro cantava : exaudi Christe, Christus regnai, Chris Ina vicit, Christus imperai » e 1’ altro rispondeva « Serenissimo et excel-lentissimo principi et domino nostro gratiosissimo Dei gratin invilito Duci Fenetiarum salus, honor vitae, ac perpetua victoria■ » Gl’ imperadori ed i re chiamavano il doge glorioso} gloriosis- 9