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età appellali mazzorim, cioè maggioringhi, por essere gli uccelli di questo genere più grandi degli altri. Venivano le cerole (iiier-(jus servator), i chiurli, o arcaze (scolopax arcuata maior), gli smerghi o baiatili (colijinbiis glacialis), le allodole di mare o bi-scghini (tring i ciculas), li; cereedule maggiori n zarcegne ( anas creca), i ciossi (anas pcnelope), i lisiioni o fnfani (anas clypeata)} i colimbi minori o (isoli, i chersi (anas tadorna), le folaghe {fulica atra), le garze (ardua maior) le riddine o pignole (anas streperà), le gallinelle acquatiche o sforzane (rallus aquaticiis), le paoncelle (trinrja vanellus), i totani (scolopax colidris) e, lilialmente, le gru, le cicogne, i falconi ed i cigni. Offerendo così ai Veneziani abbondantemente natura il mezzo d’intrattenersi ed in varie forme nell’esercizio della caccia, e \islo che per esso, reso più familiare il maneggio delle armi, ed accresciuta accorpi robustezza, era ormai salita in grandissima fama la perizia dei loro arcieri, vollero che la caccia formar dovesse una delle principali occupazioni del cittadino, portandola a tanto pregio, che nelle laudi di un illustre defunto esser doveano enumerate tra le altre magne imprese di lui eziandio quelle della caccia, se fuor dell’ordinario in quella si avesse acquistato onore. Ed introdotta dai Laugobardi in Italia quella maravigliosa arie, ai Greci e ai Romani sconosciuta, che ammaestra gli augelli a riconoscere la voce e ad eseguire i comandi dell’uomo, arte in guisa Lale stimala die le langobarde leggi reputavano la spada e il falcone come di ugual dignità ed importanza nelle mani di un grande, vagar pure vedovatisi i Veneziani d’isola in isola, di spiaggia in ¡spiaggia con falchi in pugno e con bracchi a’iianchi per essersi del pari, e grandemente^ trasfuso in essi l’amore, che i Laugobardi avevano per quella specie di caccia. Perseguitali poi venivano i cinghiali particolarmente nei poderi e nei querceti «lei I ' a badia di santo Mario (v. Ilario, santo) alla quale il cacciatore dar doveva in tributo il capo ed un quarto di ciaschedun cinghiale, obbligo essendo dell'abazia, quando ivi cacciava il dogej di prestargli carri e cavalli, e di mantenergli i falchi ed i bracchi. Nella selva Equiliana, superba di pini altissimi, protetti da severe leggi affinchè non fossero abbruciati o recisi, si cacciavano in copia i fagiani e le pernici; nei lidi Gaprulani gli stambecchi o camosci; ed insidie si tendevano a*falconi nella isola di Saccagnana, e nell'altra denominata appunto da essi Falconera, per le quali nei mesi di ottobre e di novembre passavano costantemente, per indi ripassare in febbraio ed in marzo. Gran lode veniva a quel cacciatore, che nella laguna, stando in certe barchette appellate fistiare (v. Fisolara), ferito avesse particolarmente lo smergo, uccello, che ha la proprietà di tuffarsi prestamente nell’acqua per