■i Ó ricevere eziandio uno stipendio. Tullnvoltn, assembrali non pochi di questi dotti, avvisavasi Aldo di formare nella medesima sua casa una Accademia, detta da lui Neoaccademia, alludendo a quella di Platone presa ad esempio, ma che Aldina, dal nome del di lei fondatore, fu presto appellala. In essa fuor del greco non po-tevasi parlare altra lingua, e prima che i socii si accignessero a trattarvi letterarie quistioni, dovean sempre occuparsi della correzione dei testi, confrontandoli, emendandoli, e riducendoli a buona lezione, di maniere che non solamente al genio di Aldo, ma eziandio alle penose ricerche e agli sludii di quegli uomini virtuosissimi l’intero mondo esser deve debitore della impressione dei classici restituiti alla natale loro integrila e purezza. La onestà però di Aldo era tale, che ben lontano di attribuire a sè slesso tutto il merito, non lasciava di ricordare onorevolmente il nome dei suoi colleghi nelle prefazioni di que5 molli libri, ai quali essi avean posta la mano. Dopo la morte di Aldo, avvenuta a* di G febbraio 1515, l’Ac-cademia durò ancora due anni. ACCADEMIA DEI PELLEGRINI. Prima della lega di Cambrai avuto aveva già origine questa Accademia in una villa alquanto orridetta e salvatica, poco discosta dalla laguna, villa, che fu poi affatto distrutta nel furor delle guerre di quella tremendissima lega. Venuto il 1550 opportunamente si pensò di ravvivar l’Accademia; conoscendosi però che alla di lei celebrità oltre la virlù e le opere dei socii non poco avrebbe giovato anche il danaro, cosi sei onorali e generosi cittadini si trovarono che le fecero dono di poderi e di capitali. Spiegò 1’ Accademia per impresa un falcone pellegrino, che teneva fra gli artigli un diamante, col mollo « Naturile et arlis opus » ; fu l’impresa dei socii uno scudo, in cui era dipinto un cappelletto, un bordone, un nicchio, un sudario ed altre cose allora usate dai pellegrini, col molto « finiunt pariter renovantque labores ». Era 1’ Accademia preseduta a tempo da uno de’sei anzidelti benemeriti cittadini, cui dagli altri cinque presentavasi, al momento della elezione, di una grande coppa di argento, dentro della quale erano scolpile l’arme della città e la impresa dell’ Accademia stessa ; vi era una pregevole biblioteca, e vi aveau pure due stamperie àffin di pubblicare, oltre le opere dei socii, anche quelle altrui : imperocché qualora si fosse conosciuto che alcun letterato avesse posseduto opere da poler divenire utili, e che fossero giaciute manoscritte non per altro che per la impossibilità di sostenere la spesa della impressione, gli si facea tosto l’offerta di pubblicarle coi torchi accademici, dandosi in dono così alla letteraria repubblica quanto,