131 il doge di ricevere doni da’ principi forestieri ; era soggetto, al jari di qualsivoglia altro membro dello Slato, al Consiglio dei )ieci; i figli e i fratelli di lui venivano esclusi dalle più gelose :ariche del Governo, nè chiedere, nè accettare potevano benefizio jlcuno dalla Romana corte. 11 doge non ebbe più guardie : uu tersonaggio appellalo Cavaliere del doge, ch’era propriamente in maestro di cerimonie, uno scalco, e sedici scudieri formavano la di lui famiglia nobile. Aboliti, finalmente, i fastosi titoli dati anticamente al doge, veniva chiamalo unicamente per Serenissimo principe. Conchiudendo, la qualità ili doge non conferiva un potere superiore agli allri cittadini, anzi il doge, invece di comandare da padrone come avea (allo un tempo, era sottoposto a tulli gli aiizidelti legami, era privo di qualsivoglia anche onesto piacere, e senza godere frutto alcuno della sovranità, costretto a soffrire le molte noie di una magnifica rappresentanza, voluta però sempre dalla repubblica affili di mantenere viva agli occhi del popolo la maestà dell'imperio. Innalzalo adunque uu patrizio a questa illusoria dignità, recavasi tosto, co’ quarantanno suoi Elettori, nella sala del senato aitili di ricevere le congratulazioni della Signoria : ivi dal Cancelliere grande gli era posta in capo mia berretta a tozzo, passando poscia nell’altra sala appellata delle Quattro parte per sedere a mensa co’delti Elettori. Fornito il desinare, il doge, vestendo la Dogalina, trasferivasi nel Maggior Consiglio per ricevere novelle congratulazioni, quelle cioè del patriziato e dei parenti, mentre al popolo era largamente distribuito pane, e dalo vino, e gillalo danaro. La sera vi era festino nella sala dei Banchetti, s’incendiavano fuochi artificiati in piazza, ed erano permesse le maschere, ripetendosi questi passatempi tutti anche nelle successive due sere. INel giorno appresso, al tocco di Terza, il nuovo doge, accompagnato dagli Elettori, dai parenti e dagli amici, recavasi alla basilica di san ¡'laico, ove, fra i due Elettori più anziani, mostrava.^ al popolo dall’ ambone dei cantori, sonando a gloria frattanto le campane della famosa torre. Sceso il doge dal detto ambone, giurava, al Maggior altare, sopra gli evangelii, 1’ osservanza dei privilegii della basilica, e ricevea dal Primicerio lo stendardo di san Marco, cl'e gli era presentato con queste parole : « Consignamus Serenigli vestrae vexillum sancii Marci in signnm veri et. perpetui ducatus. » 11 doge rispondeva « Accipio » e io stendardo era tosto passato alF ammiraglio dell’arsenale. Unitamente al quale, a lre o quattro più prossimi congiunti, ed al Ballottino entrava il doge in certo pergamo di legno, appellato Pozzetto, in cui sorretto dalle spalle degli Arsenalotti, faceva il giro di tutta la Pozza, spargendo fra il popolo buona quantità di moneta : l'am-