MARCO CORNARO 55 Accorciavasi però questa via, percorrendo un canale, che si staccava press’a poco, dove il canale di Lio Mazor si univa al canale di Equilio, e per la laguna s'allacciava con la Piave a Musile (mugile o arginatura) presso la tagliata (scaricatore) delle Reti sul lato sinistro della Piave (il Tàiadere delle1 carte del Sabbadino, il Taglio di Re delle carte odierne). Esso chiudeva con il canale di Equilio, con la laguna equiliana e con la Piave, come in un triangolo, l’isola di Villafranca, che nel 1500 non figura più come isola, bensì come località di terraferma (v. carte del Sabbadino) >. Che questa seconda via fosse preferita alla prima da chi risaliva la Piave movendo da Rialto, lo induce a pensare il fatto che essa costituiva un lato del triangolo, che nel 1112, assai prima che a Fusina (1181), fu fondato un ospitale od albergo in onore di San Leonardo, proprio all’entrata di essa via in Piave « iuxta Musile et prope Fossam quae decurrit de Piave in Palude » 2, (molto probabilmente poco lungi dalle rovine d’un’antica stazione romana sull’Emilia, se pine non eiano quelle della « Mutatio Sanos » dell’ Itinerario Gerosolimitano, come fu da taluni opinato) e che sul finire del Quattrocento si tentò di aprirne una di eguale s. Passiamo ora ai lati del Canale. Nella descrizione citata è detto che « ab uno latere est canalis, qui vadit in rovedulo ». Questo lato è evidentemente il lato inferiore, perchè il canale che andava a Revedoli non poteva certo essere che verso il mare. E da questa parte staccavasi anche quel ramo « Velado o Volado », più tardi < Velai » che nella descrizione è detto « de pertinenciis dicti canalis de Archis ». Tale ramo congiungeva il nostro canale col mare, per il porto di Cortellazzo o per il porto di Portesin quando quello di Cortellazzo si chiuse, costituendo così un più breve sbocco al mare per la laguna era-cliana, intermedio fra quello di Piave (vecchia) e di Livenza (vecchia) o Revedoli. Non v’ è dubbio che il lato sul quale stendevasi la « Pineta » della descrizione ducentesca Piave, e cioè molto probabilmente in Musile. Dei suoi diritti sulla Piave esistono memorie antichissime. Nel 1265, ad esempio, quelli di Fine dovevano pagargli quattro denari per ogni natante « 4 denarios pro barcha » (Agnoletti, Intorno alle dominicalità delle Decime, Treviso, Turrazza, 1892 vol. II, p. 11 e 22). « Insulam que dìcitur Villafrancha suam esse et suae ecclesiae equiline et earn habere tenere et possidere iure sui episcopatus et ecclesie beate virginis de equi-lino. Secundum quod ipsa Insula cum suis aquis et terris, palludibus et canedis et aliis suis pertinenciis, per totum firmat ab uno suo capite in taliata de rete et ab alio suo capite per totum in ore Plavis, seu in canale de equilio. Uno suo latere per totum in Piave, et alio suo latere cum canetis, aquis, palludibus, et terris firmat in canale per quod itur civitatem novam, et secundum quod ipsa insula de Villafranca » è posseduta pacificamente da più di cento anni. Appartiene questo brano ad una conferma di possesso del vescovo di lesolo stesa nel settembre del 1306, ma ve se ne cita un’altra del 1227, in cui i confini sono descritti più brevemente così: « firmat in sua longitudine a taliata de retibus versus Equilum supra-scriptum, usque in ore plavis, sive in canale de Equilo, in latitudine vero sua suprascripto isto flumineplavis iam dicto usque in paludes, que sunt similiter de iure et pertinenciis suprascripti episcopatus (Museo Civ. ecc. Codex publìcorum c.. 207* e 209) ». Da questi doc. si desume che la bocca della Piave allora era all’altezza di Equilio. 2 Fra le carte citate nella nota precedente (Codex Pubi. c. 208 e 2081) ve n’ ha una del 1152 in cui si legge che nell’ottobre del n 12 il vescovo Vitale Stemarello di Equilio, in ossequio all’ordine ricevuto dal Papa, con il consiglio dei chierici e laici della madre chiesa, con il consiglio dal doge Ordelafo Falier e dei suoi giudici, dava ad un certo Andrea de Carisago et vasaletto « terram de jure et pertinenciis nostri episcopatus ad faciendum in ea hospitalem et ecclesiam in honorem dei et omnium sanctorum, et Seti Leonardi Confessori positam in ripa Plavis iuxta Musile et prope fossam, que decurrit de plave in palludem ». L’ospitale in onore di S. Leone dalla parte di Fusina fu costruito nel 1182 (Scrittura li pa. IV). 3 In una scrittura del 29 aprile 1450 si legge che da qualche tempo Nicolò Ferro di Venezia, conduttore delle acque e dei canneti del vescovo di lesolo, aveva scavato una fossa, per la quale si poteva passare dalla Piave direttamente in Canal Maggiore, facilitando i contrabbandi del sale e d’ altre merci, e che perciò il podestà di Torcello gl’ imponeva di chiuderla. Anche Nicolò Zan-charino conduttore delle acque del Comune veneziano si era gravemente lagnato di una tal opera sia per l’atterramento che produceva sia per la fuga del pesce che causava, (Arch. Sta. Ven., Savi Acque 28, Cata-stico 1292-1555, c. 2771). * Nei doc. citati del Codex Pubi, il Velai è chiamato Veladum, Velatum e Velato. In una delle carte riprodotte, esso si vede tracciato chiaramente.