SCRITTURA I. 31 vechie e cum li inzegnerii, a mostrar quello io voleva fare aciò se podesse venir dentro via a Venesia e non per mare, et etiam quelle cave voleva fusse facte, aciò che copia de legne se havesse2. In modo chio me partiti da Venesia cum el dicto miser Andrea Marcello e cum maistro Penzim inzegnier e cum maestro Antonio da Selvele, cum maestro Domenego Segato e maestro Berto da Varago, tuti inzegnieri », adì 15 Marcio 1442. Dove co- 1 Arch. St. Ven„ Segr. alle Voci, reg. 4 c. 27 (34). 2 Un sopraluogo consimile era stato ordinato tre anni prima quando per la prima volta appare che si pensasse sul serio al punto più vitale del problema, la viabilità. Il 19 giugno 1439, constatato che v’era penuria grande di legna, riconosciuto che, se non si provvedeva, la penuria sarebbe aumentata con grande malcontento del popolo e disdoro del Dominio, s’imponeva ai tre Provveditori di recente eletti, Garzoni, Pasqualigo e Gritti, sotto pena di cento ducati, di visitar entro otto giorni le principali fonti di legname, i fiumi e le fosse per cui esso legname si soleva tra-spprtare, con l’ingegnere maestro Pinzino, e di concretare col consiglio di lui e di altre persone competenti le provvigioni da farsi (Arch. St. Ven. ; Sen. Misti, reg. 60 c. 153). Ma un tal sopraluogo, o, nonostante la grave pena comminata in caso di trasgressione, non avvenne, o ad esso non tenne dietro provvedimento alcuno, perchè, come abbiamo veduto, nel 1440 si lamentavano in Senato naufragi di barcaioli costretti a tener la via del mare e si prendeva allora la deliberazione di scavare il canale d’ Arco. 3 I nomi di questi quattro tecnici s’ incontrano anche nella Scrittura II, nei sopraluoghi fatti per la diversione della Brenta, e si capisce che era molto apprezzato il loro giudizio. Tuttavia poco posso io dire di alcuni di essi. Affatto nel mistero è avvolta la figura di Domenico Segato. Il Paoletti, là dove parla del Pinzin, lo dice Domenico da Treviso, desumendolo dallo Zendrini e dal Romano, e credo che mal non s’ apponga perchè nella richiesta del 1444 (V. Scritt. II, pa. II) si dice : scrivasi a Brescia per il Ravanello; a Treviso per il Domenico. Nulla pure potei raccogliere intorno a Berto di Varago, terricciola del Trevisano non lungi dalla riva destra della Piave, nei pressi di Lancenigo. Qnalche cosa di più invece mi è dato di poter dire intorno ad Antonio da Silvelle ed al Pinzino. Il primo vien detto indifferentemente da Silvelle, suo villaggio nativo posto in quel di Trebaseleghe presso Castelfranco nel Trevisano, e Cararo, forse più che nome, un nomignolo della sua famiglia (V. Scrittura II, pa. II). Dopo questo sopraluogo del 1441 lo ritroviamo nel 1443 in quello della Brenta, dov’ egli mostra di avere una chiara visione dei bisogni, suggerendo la diversione alta di Stra; nel 1456 alla direzione dello scavo di una Seriola (piccolo vaso, piccolo alveo, in Du Cange) da condursi sotto le ville di Montebelluna per volontà dei Provveditori e Deputati della città di Treviso (mi favori questa notizia il Serena togliendola dai libri del Consorzio Brentelle di Pederobba) e nel 1458 (30 giugno) ha dalla Repubblica cento ducati d’oro quale compenso per i suoi lavori sulla Brenta e per la costruzione dei molini pubblici di Treviso, non avendo lui mai ricevuto fino allora nè salario, nè mercede alcuna (Arch. St. Vkn„ Sen. Terra, reg. 4, c. 75). Il secondo fu noto col nome di Pinzino ; sempre con tal nome egli è chiamato nei doc.ti dello Stato, dov’ è anche detto figlio del fu Giovanni, ma da uno studio del Segarizzi su di un umanista bergamasco si desume che il vero nome del suo casato fu quello di Carabello (Segarizzi, Antonio Carabello, Estr. dall’Arch. Storico Lomdardo anno XXX, fase. XL, Milano, 1903). Nel 1398 il Pinzin veniva, per la sua valentia, assunto al servizio pubblico con il salario di ducati 20 al mese (Arch. St. VSn., Sen. Misti, reg. 44, c. 38*) ; del 1406 lasciava questo servizio (Arch. St. Ven., Notai. Coll. reg. XII, c. 1 bis*) per riprenderlo nel 1416 fino alla sua morte. Tornato a Venezia, nei primi mesi di quest’ anno presentava al Senato un progetto di costruzione d’un argine « lavoro forte a tutte botte de mar », che doveva andare dal castello vecchio di S. Nicolò fino alla punta del porto di Mala-mocco, un qualche cosa di mezzo, fra le piantagioni di tamerici, di cui si trova memoria nei primi docu-, menti del 1300 nel capitolar Capello, ed i murazzi Coronelli del 1700. In riconoscimento dell’opera chiedeva sessanta due. d’ oro al mese, più 1500 per acquistarsi una casa in Venezia ; fino al termine del-1’ esperimento e finché avesse potuto esigere lo stipendio richiesto, s’ accontentava di 30 ducati mensili (A. Favero, Notizie storiche sul Magistrato veneto alle Acque in N. Arch. Ven. n. s. 1905 voi. 9 pa. II p. 181). Il 21 marzo il progetto era approvato e il 28 maggio egli veniva assunto con patente del doge Tommaso Mocenigo e con ben definiti patti quale maestro ingegnere della Repubblica, che lo adoperò in svariatissimi compiti. (Arch. Sta. Ven., Savi Acque, n. 342, c. 3. 5). Nell’agosto di quell’anno stesso 1416 egli faceva i progetti per le fortificazioni della Motta (Cecchetti, Nomi di pittori e lapidici antichi in Est. Arch. Ven., Serie II, t. 33 pa. 1. p. 24); nel 1420 era mandato a Padova con Bartolomeo Rizzo a restaurare il palazzo della Ragione, danneggiatissimo da un incendio, che ne aveva ridotto in cenere il tetto e fors’ anche fu ado-