76 MARCO CORNARO • hedificii cum grandissima quantità de degne collone, ne le quale sono sepulti principi et procuratori di Venetia et infiniti zentilhomeni, come se puoi veder per le sepulture de dicti luochi1 ; et cusì per le molte chiese se vede in Torcello, Mazorbo et Bu-ran 3; et da Mazorbo vegnendo verso Venezia, le qual tute mirabilmente lavorate, non parlando de Venesia cosa alcuna ; ma volendo dir solamente de quello che sono da Venezia in su verso mezodì, se trova chiesie mirabile, scorendo perfino a Poveia et Ma-lamocho 3, et da Malamocho verso Padoana, per fina circa a preso San Bruson, dove 1 Mani è un’ alterazione di Ammiana, isola, eh’ era posta fra Burano e Lio maggiore. Costantino Porfirogenito (De amnistrationem im-perii in Meursio to. VI, p. 998) la chiama Aimanas ed anche Iman. Era il centro di un gruppo di isole, popolate ai tempi romani (Conton, Archeologia, in « L’ Ateneo Veneto nel suo primo centenario » p. 82) ; e nel medioevo ricca di conventi (Trkvisan, op. cit., p. 91 e seg.). In quest’ isola o in un’ altra più piccola ad essa vicinissima, S. Felice delle saline, trasmigrarono i monaci di S. Stefano d’ Aitino subito dopo il 900 (le larghe concessioni fatte in tale anno dal doge Pietro Tribuno non valsero a far risorgere la badia altinate) e nel loro convento dedicato ai SS. Felice e Fortunato chiudevasi a finire i propri giorni il doge Orso Parte-cipazio II, nel 932, ventesimo del suo principato, (Lazzarini, Un privilegio del doge Pietro Tribuno per la badia di S. Stefano d’ Aitino, Atti del R. Ist. Ven. 1908-9, To. LXVIII, pa. II, p. 988). Questo convento sul termina del sec. XIII era già in pieno tramonto; Gregorio X, il 26 aprile 1273 doveva privare del suo ufficio l’abate perchè uomo inetto ed incolto (C. A. Levi, Atti del R. Ist. Ven., serie VI, to. VII, pp. 1181-1220). Nello stesso secolo si ricordano orti e mulini dei Capello e dei Zane (Museo Civico, Racc. Cigogna, n. 2562 Codex pubi., cc. 141-145). Ma alla metà del 1400, cioè quando scriveva il Cornaro, era pur qui, come tutt’ intorno, una grande desolazione. Il convento di S. Felice, nonostante che nel 1423 il Senato ne ordinasse il restauro, fu abbandonato. Così vennero abbandonati quello di S. Maria Maddalena nel 1411 e quello di S. Marco nel 1438. Circa lo stesso tempo dovett’ essere lasciato anche il convento dell’asola di Mesole, (Tre-visan, op. cit., pp. 91 e 92). Nel 1455 il Senato concedeva ai procuratori di S. Marco in Venezia di adoperare le colonne e le pietre del convento di S. Andrea, cadente in rovina, per i ristauri e le nuove costruzioni della basilica. MCCCLV die 29 Apr. — Alias deliberatum fuit quod procuratores ecclesie sancti Marci accipere pos-sent de columnis et lapidibus monasterii et ecclesie sancti Andree de Aymanis, que tendunt in ruinam et disperduntur prò reparatione et laboreriis ecclesie sancti Marci. Et quod dieta deliberatio tunc scripta non fuit, nunc infrascripti consiliarii de novo deli-berarunt et terminarunt quod dicti procuratores ecclesie sancti Marci accipere et accipi facere possint de dictis columnis lapidibus vivis et lignaminibus dicti monasterii et ecclesie sancti Andree de Aymanis sicut ipsis procuratoribus videbitur, que columne lapides et ligna-mina convertantur et ponantur in reparatione laborerii beneficio et ornamento ecclesie nostre sancti Marci. Sitque in liberiate el discretione ipsorum pro-curatorum dandi monialibus sancti Ieronimi de Venetiis id quod eis et conscientiis suis videbitur prò elemosina et recompensatione dictarum columnarum lapidum et lignaminum que accipientur de dicto monasterio sancti Andree de Aymanis ( Arch. Sta. Ven., Not. Collegio, reg. 17, c. 46‘). Il doc. fu pubblicato, eh’ io sappia, solo dal Cec-cheti in La Basilica di S. Marco, Venezia, Ongania, 1886, Docu, p. 17. 2 Torcello, Mazzorbo, Burano formavano con altre isole minori la più importante costellazione insulare della laguna veneta. Popolata e bella durante il dominio romano (si fu per essa che Marziale paragonò la laguna di Aitino al mare di Baia), non fu meno, durante quello di Venezia. Essa incominciò questa sua seconda vita, quella veneziana, insieme con Eraclea e con Equilio, ma la chiuse assai più tardi. Sebbene sia vero, come scrive il Battaglini (N. Battaglimi, Torcello antica e moderna, Venezia, Visentini, 1871, p. 60), che « alla metà del sec. XV Torcello e l’isole tutte circostanti od erano per intero decadute o percorrevano la china », tuttavia le loro condizioni dovevano essere assai migliori di quelle di Eraclea, Equilio, ed Ammiana, se a Torcello e a Murano trasmigrarono alcuni dei conventi di queste isole (Trevisan, op. cit., p. 32). E migliori si conservarono a lungo. Solo nel 1659 la sede vescovile di Torcello fu, per 1’ insalubrità dell^aria, trasportata a Murano. Poco dopo anche il suo Podestà 1’ abbandonava definitivamente (Battaglini, op. cit., pp. 52 e 55). E con ciò anche gli ultimi sprazzi di splendore si spegnevano nella laguna orientale. 3 II nome di Poveglia deriva dalla famiglia romana Popilia, onde aveva avuto nome la strada che correva lungo il margine del continente, ovvero da piovega o pubblica ? Essa fu nel 864, come possesso dello stato, asse-