SCRITTURA II 137 era de soto dal porto de le Gambarare mia 4 e questo per el volzer de la Brenta, come ho dicto 1 ; al qual porto nuovo arivava le barche, come al presente fano a Liza-fusina2. 1 Fra il tempo, nel quale la Brenta cominciò a correre per l’alveo del fiume di Oriago (1143-1225) e il grande argine costruito dai Veneziani in difesa delle loro lagune (1324) il territorio intorno al piccolo villaggio di Oriago era in uno stato di grande alterazione. Ai boschi e ai terreni coltivati s’avvicendavano i laghi, le valli e le paludi, ma laghi e paludi di origine fluviale e non marittima, come suppone il Cornare, prodotti dal corso sregolato dei fiumi in genere e della Brenta in ¡specie. In cansa dell’ invasione delle acque di questo fiume, i piccoli corsi invasi formarono nelle bassure, inferiormente e superiormente, laghi e stagni. Così si ebbero la valle di Mirano e il lago fra la Mira ed Oriago che il Cornaro ricorda più innanzi, i laghi delle Gambarare, di Vigo, della Tergola, di Pinigo o Cautana e di S. Maria Jubinico, nel posto di villaggi fiorenti : Publica, Perarolo, Cautana, Tomba e Vicolo, fra terre coltivate e fra boschi, come quelli di Cautana, della Tomba e della Malcontenta, il quale ultimo veniva distrutto solo nel 1317 dai Trevisani allora signori dei luoghi, per snidarvi i ladri infestanti la via Malcontenta-Mestre (Test.0 del Partecipazio ; Marzemin, op. cit., pa. I, p. 130; Bonifacio, op. cit., p. 278; Carta Valier). Con i laghi e gli stagni, s’ebbero dovunque i canneti. Un testimonio del 1327 affermava che quello del fiume di Oriago era cresciuto ben 150 passi durante il suo tempo (Gallicioli op. cit., lib. I, n. 22). E fra i canneti di Oriago l’anno 1298 cadeva miseramente nelle mani dei sicarii del marchese di Ferrara, che 1’ attendevano in agguato, il fanese Iacopo del Cassero, mentre da Venezia, ov’era giunto per mare, s’avviava alla podesteria di Milano. Sono a tutti noti i versi danteschi, che ricordano il tragico episodio : Ma s’ io fossi fuggito in vèr la Mira, quando fui sopraggiunto ad Oriago, ancor sarei di là dove si spira. Corsi al palude, e le cannucce e il brago m’impigliar si ch’io caddi, e lì vid’io delle mie vene farsi in terra lago. (Dante, Purg., c. V, vv. 78-94) A poco a poco però, sia per le deposizioni delle acque stesse, sia per opera degli uomini questi laghi e queste valli s’interrarono e ritornarono campi coltivabili. Come si vede nel Codice del Piovego, per opera delle acque scomparve certo il lago di S. Maria Jubinico; per opera dei Minotto, che ne ebbero licenza dalla Repubblica, quello di Pinigo o Cautana, che del resto non serviva di transito ad alcuno (Minotto, Chronick ecc., p. 287). Ubertino (1338-1345) e Francesco il vecchio di Carrara con arginature e canali bonificavano il territorio di Oriago, e Francesco il Vecchio, non nel 1360 come scrivono i Cortusii e tanto meno nel 1340 come il Cornaro, ma nel 1359 come affermano i Gatari e Daniele Chinazzo, vi inalzava, contemporaneamente che a Castel Carro verso Chioggia sull’ antico corso della Brenta allora Bacchigliene, un castello, il quale per ben due volte fu distrutto e rifatto durante le guerre con Venezia, e vi apriva un mercato (Gatari, Cronaca carrarese, in Rerum Ital. Script., to. XVII, Parte I, pp. 40, 42, 150). Le opere idrauliche eseguite dai Carraresi furono di vantaggio al solo territorio adiacente, invece quello verso la laguna e la laguna stessa ne soffersero (vedi App. a questa parte). Solo dopoché Venezia, divenuta signora del Padovano regolò queste acque con libertà, costruendo argini e scaricatori dove voleva, tutto il paese intorno risorse. Anche qui, come dalla parte del Sile e della Piave, 1’ iniziativa privata del patriziato s’ accinse tosto alle bonifiche, i Tron a Mirano, i Bernardo alla Mira, i Querini ad Oriago, i Foscari alla Malcontenta ecc. ecc. L’ antica gastaldia carrarese di Oriago, comperata dai Querini rifiorì in breve (Agnoletti, Treviso e le sue pievi, voi. II, p. 172), nel 1465 la repubblica vi ricostituiva il vicariato soppresso per la malaria (Arch. Sta. Ven., Sen. Terra, reg. 5, c. 125*), e nel 1483 il piccolo villaggio era « di taverne hospitatorie munitis-simo » (Marin Sanudo, op, cit. p. 22). 2 Che le barche arrivassero ad Oriago, come ai tempi del Cornaro arrivavano a Fusina, non è vero. A dimostrare l’insussistenza di ciò basterebbe anche quanto si è detto nelle note precedenti, tuttavia ci sembra opportuno riunire qui le varie notizie sparse ed esporre ordinatamente le vicende di questo principale tratto della navigazione Venezia-Padova. Dopo la Piovigella, il monastero dei frati di S. Ilario ed il macchinario con cui questi trasportavano le barche oltre P argine, noi in un secondo periodo troviamo il centro di barcaioli della Mira, la « viam navilii » del fiume Oriago Brenta, una palata o stazione daziaria veneziana subito di sotto ad Oriago, 1’ ospizio di San Leone posto fra il fiume di S. Ilario ed il fiume di Oriago, il macchinario per il trasporto delle barche sul Visignone ; ed in un terzo periodo infine, dopo un certo lasso di tempo durante il quale la navigazione dovette sottostare al lungo e vizioso giro di Volpego il percorso attuale, la palata, la tavern? e il macchinario di Fusina (Ved. App. a questa parte). Del primo periodo abbiamo detto abbastanza a suo luogo. Vediamo ora il secondo ed il terzo. Al sorgere del centro navigatorio della Mira sotto