/ MARCO CORNARO ^3 cura di aggiungere al nome anche la concorde testimonianza di due abitanti dei luoghi, secondo i quali 1’ antica navigazione passava di li. Ma più chiari lumi trarremo dalla descrizione dei canali con cui il Canal d’Arco s’allacciava, dei centri che riuniva. Procediamo con ordine e cominciamo dall’estremità occidentale, dalla parte verso la città di Equilio 1. Qui, come abbiamo veduto, il canale metteva capo in una Palata o sostegno < ad quandam Palladam » poco lungi da un Traghetto « parum longe a Trageto ». Ora, siccome la città sorgeva sulle rive di esso canale e sul margine di una laguna, non v' è dubbio che il sostegno e il traghetto si trovavano ad Equilio, dove il Canal d’ Arco entrava nella laguna equiliana. 1 La primitiva storia di Equilio è la storia del tribunato e del primo dogado veneziano, che fu, come dicemmo altrove, storia di rivalità e di lotte sanguinose, Qui contemporaneamente o poco dopo che ad Eralea, scesero a stabilirsi in grande numero i profughi opitergini davanti alle persecuzioni longobarde. Sembra che dopo la prima distruzione di Oderzo, opera di Rotari (a. 635 o 641) l’immigrazione mettesse capo ad Eraclea, e che dopo la seconda, opera di Grimoaldo, (a. 665) essa invece affluisse in Equilio. E poiché queste fughe si compirono oltre che sotto la guida del clero (il vescovo S. Magno era alla testa della prima) anche sotto quella dell’elemento militare, Equilio pure diventò, ad un tempo, sede di un episcopato e sede di tribuni, che, come si sa, erano dei capi militari, ufficiali minori tanto presso i Goti quanto presso i Greci. Caso particolare poi, quando fu eletto il doge, ed ì tribuni vennero dovunque nominati da lui, in Equilio invece, per quanto si rileva dal Chro-nicon Altinate, la dignità divenne ereditaria nella casa degli Sgaudarii (Monticolo, La cronaca del Diacono Giovanni e la storia polìtica di Venezia sino al 1009 in II R. Liceo Forteguerri di Pistoia negli anni scol. /Syp-iSSi, Pistoia, Bracali 1882, p. 64). Nel 800 e nel 900 sofferse per le incursioni dei Franchi e degli Ungari. Non sembra che i Partecipazi avessero per essa le cure ch’ebbero per Eraclea, l’antica sede della loro famiglia, che vollero rifabbricata, perchè nel testamento del 829 il doge Giustiniano Par-tecipazio ordinava che gli edifizi dell’Abazia di S. II-lario fossero compiuti con le pietre ch’egli possedeva in Equilio. Tuttavia dall’opera dei Partecipazi e forse più ancora da quella degli Orseoli dovette trarre elementi di vita nuova; infatti la sua decadenza vera incomincia, come quella di Eraclea, di Fine ecc. di tutti cioè questi centri di vita veneziana nell’ estremo estuario orientale, solo dalla metà del sec. XIII con 1’ ampliarsi dell’orizzonte politico di Venezia e il progresso dell’interramento fluviale; anzi la sua sede episcopale resistette fino a mezzo il sec. XV. Nei tempi del suo splendore Equilio dovett’ essere popolato e ricco ; non poehe delle antiche famiglie patrizie venete derivarono da questo centro come da Eraclea, da Aitino ecc. (Sanudo, Le vite dei Dogi, annot. dal Monticolo in R. /tal. Script, lo. XXII, pa. IV p. 17 e seg.) ; ben trentadue saline prosperavano nel territorio e molti altri erano i segni del suo fiorire (G. Pavanello, Aitino ecc. p. 177); il Cornaro dice di aver trovato « per lo adventario di esso vescoado,* come in quello era chiesie XLII, la mazor parte.... lavorade el salizado de musaico come al presente è la chiesa de San Marcho» (Scritt. II, pa. I) ; e il suo porto era frequentato. Esistono leggi del 1282 che regolavano la illuminazione di una lanterna, la quale di notte serviva di faro ai vascelli (Filiasi, op. cit., Voi. III p. 115). Nel Quattrocento, di tanto splendore sussistevano solo alcuni grossi muri coperti di edera e spini (Sa-bellico, Croniche volgarizzate, Deca I, 1. 1, p. XI) e sulla piazza e in molti altri luoghi si seminava il frumento (Scritt. II, pa. Ili) ; e oggi non rimane che l’imponente rudere di una vecchia chiesa, che forse l’ala devastatrice della guerra potrebbe avere distrutto ; ma molti ed importanti ritrovamenti vi vennero fatti. La località più ricca (ii antichi avanzi è certo quella che fu il centro della città. Quivi poco fa venne dissotterrata un 'Ara sepulcri di forma quadrangolare del peso di oltre 14 quintali. (Conton, Archeologia in L’Ateneo Veneto nel suo primo Centenario, Venezia, Ateneo, 1912, p. 85). Nella località « Il Campanile », che trae il nome dalle rovine della rinomata abazia di S. Giorgio in Pineto, o meglio dagli avanzi d’un campanile di essa, eh’erano ancora in piedi cinquant’anni or sono, là dove ora sorge elegante e ricca la villa Allegri, il sig. Pietro Guiotto, nel 1840, faceva degli scavi e scopriva dei sarcofaghi di smisurata dimensione, dei capitelli di colonne, dei grossi macigni e fra l’altre cose un lastricato di porfido, di verde antico e di maimo pario si bellamente lavorato da far pensare ad una corrispondenza fra esso ed il pavimento di S. Marco. (Guiotto, Cenni storici sull’antica città di lesolo, Venezia 1885 p. 16). Presso le prossime dune, l’Alfonsi (Quaderni 1906-7 delle mem. ms. di Alfonso Alfonsi) trovò traccia di un edificio romano; notò un fondo di arca sepolcrale in pietra d’Istria per metà sepolto nelle sabbie; osservò il suolo sparso di laterizi e calcinacci di epoca remota; raccolse notizia di