46 MARCO CORNARO gnami e largar in algum luoghi e far certa buova 1 e porta da cavo de dicto Lagocio. In nel qual li dicti inzegneri determina che opere IIm intra conzar quello e L. llm per far la porta over la bova 2. Facio noto come non andassemo de là del Taiamento a veder molti fiumi e fosse copiosse de legne per amor de le male strade 3 e per non star la Septimana Sancta fuora di cassa. Le qual cose io e misser Andrea Marcello havemo determinado che, passade le feste de Pasqua, per ordine tuto dechiarir a la Signoria. Jesus 1442 adì 8 Aprii. Noto come nel di sora dicto misser Andrea Marcello, officiai a le Rason vechie et io Marco Corner comparessemo avanti la miser Andrea fo exposto i luoghi havemo quella have grando apiacere haver intesso gini avevano dovuto per il rialzamento dei primi mo-lini inalzare anche i propri battitoi se volevano lavorare. Visitarono il luogo dove i Badoer e il Rabia avevano chiesto di costruire altri molini e ne disapprovarono la proposta, andarono fino a Biancade a visitare i battitoi di Giacomo di Broglio e i molini di Nicolò Morosini e trovarono che abusivamente erano stati ri-fabbricati nell’ acqua, perchè prima si trovavano in terreno sodo, onde 1’ imposizione di abbatterli. Riferirono che tutto il fiume aveva bisogno di essere tenuto pulito, che i ponti dovevano essere rialzati per lasciar passare i burchi della legna, che le porte o vampedore (vampaor, da bampatura della bassa latinità) di detti molini dovevano essere costruite secondo la prescrizione già emanata dal Podestà di Treviso ser Giov. Giorgio ; ma sopra tutto raccomandarono di vigilare affinchè la rosta del Musestre fosse tenuta in ordine e al livello dei molini. Questo sopraluogo, lasciò le cose come stavano ; infatti il 16 ott.bre 1437 si tornava sull’ argomento, e anche questa volta invano come si desume dalla narrazione del nostro Cornaro (Arch. Sta. Ven. Sen. Misti, reg. 60 c 40). Quanto ai molini delle Vergini aggiungeremo che si tratta di molini esistenti almeno fin dai tempi della B. Giuliana di Collalto (1186-1262). Fattasi monaca con Beatrice d’ Este, fondò a S. Cataldo, terreno sul confine lagunare, per consiglio di S. Biagio, un monastero, nel quale raccoglieva, nei suoi ultimi anni, il beato Giordano di Forzatè, il perseguitato dagli Ezzelini, avversarii della sua casa. Alla morte della beata Giuliana e precisamente il 7 sett. 1262 prendeva possesso dei molini sopraddetti, presenti i mugnai, il conte Pietro Collalto. In seguito, quando un tale monastero fu abbandonato (il corpo del beato Giordano fu trasportato a Padova, quello della B. Giuliana in S. Eufemia della Segnoria siando el Colegio e per el dicto visti cum li inzegneri. Le qual cose intesso, de tanti luoghi così copiosi de legne 4. Et Giudecca e la residensa delle monache in S. M. della Celestia a Castello) i possessi di esso vennero amministrati dal gastaldo (Agnoletti, Treviso e le sue Pievi, voi. 1, p. 841. I Buova o bova. Secondo il Ducange significherebbe « fossa » e secondo il Boerio « steccaia ed emissario al punto dove principia ». ‘‘ Evidentemente questa fossa andava dal Sile in Musestre, e certamente correva intorno alla strada romana Claudia Augusta, dal cui nome corrotto di A-gozzo prendeva il nome. Questa denominazione di Agozzo nella carta topografica militare si legge ancor oggi fra Biancade e S. Elena sul Sile. Or bene se, come noi sappiamo, nel 1421 dal bosco di Spercenigo solevasi condur la legna in Sile a S. Elena, certo perchè il Musestre non era navigabile, la nostra congettura sul corso di questa fossa deve ritenersi irrefutabile. 3 V’ è nella Biblioteca Com. di Treviso un manoscritto segnato col n.° 1186, un « libro delle Regole del territorio di Treviso » che contiene il novero esatto delle vie del territorio dell’ anno 1316 da c. 1 a c. 91. II numero delle regole è di 292, la prima è quella di Quinto, l’ultima quella di Musestre ; dalla c. 92 alla c. 116 vi sono raccolte altre disposizioni del 1400 e del 1500. Questo ms. è del Cinquecento ed è una copia completa di quell’ altro manchevole del Trecento ms. 673 da me già citato a p. 9 n. 1. Nella Capitolare ve n’è un’altra copia, più nitida e meglio conservata. Da un tale Libro si deduce che numerose erano le vie ; che fra esse ce n’ erano di antiche (romane) e di nuove (calnuove), che c’erano ponti in legno e in pietra ; ma che in generale tutte erano mal tenute. 4 Questo passo, come anche quanto dice in principio, starebbe a provare che il governo ignorasse le ricchezze boschive, di cui avrebbe potuto disporre