6o SCRITTURA I - APPENDICE Questi due centri costituivano con quello d’ Equilio i tre punti cardinali dell’ intera regione lagunare e della via percorsa dal Canal d’ Arco. Ma dov’ era Fine ? Di Equilio e di Eraclea rimangono, come abbiamo veduto nelle note, numerose memorie e tracce d’ avanzi vetusti o sopra o sotto il suolo ; di Fine invece nessuna traccia ed anche pochissimi e scarsissimi accenni nei documenti superstiti. Si sa che era un’ isola, che apparteneva al Fisco e che in essa nel 864 fu mandata « prò bono pacis » come a domicilio coatto, una parte (1’ altra fu mandata a Pupilia) dei servi e aderenti dell’ucciso doge Tradonico, dandosi loro valli, pascoli, paludi e cacce con l’obbligo di un canone annuale. Si sa che i suoi abitanti esercitavano la navigazione in questi paraggi (v. indietro) e nel Patto di Eraclea si dice che gli Eracleesi dovevano con le proprie barche condur i dogi e il loro seguito, quand’essi andavano alla caccia nei boschi della Livenza « ad Liquentiam ad venandum », sino a Fine e sino ad Equilio « ad Fines et usque ad Equilum », ma nulla si può desumere circa la sua ubicazione. Per tale deficienza di documenti, tutti gli studiosi furono finora costretti a congetturare ; e, come sempre avviene in tali casi, si fabbricarono delle ipotesi diverse. Il Filiasi, basandosi soprattutto sulla divisione degli agri o territori delle città romane timidamente congetturava che Fine si trovasse fra Eraclea e Caorle, che esistesse da tempi remoti, che tal nome avesse, perchè sul confine dell’agro altinate con l’opitergino. L’Agnoletti, dal suo canto, basandosi specialmente sulla divisione delle antiche diocesi, lo identificava col moderno San Donà di Piave Ma ora a me è concesso di poter far senza delle congetture, e di stabilire, senz’ ombra d’incertezze, dove trovavasi l’isola sopraddetta, con due documenti ed una carta del nostro Archivio di Stato. Nel Liber Plegiorum dicesi che nel Gennaio 1224 alcuni bricconi di Portogruaro, battellieri probabilmente, giunti presso Fine, nella bocca di Revedoli « super Finum in districtu Venetiarum scilicet in buca de Rovedole » assalivano e derubavano di 175 lire un certo Domenico da Gemona. E in Savi alle Acque si legge che nel 1430 dovendosi procedere allo scavo del Canal d’Arco era necessario prima « far alcune tresse per serar el chanal de la torre de Fin » poscia « far certa chavacion per condur le dite aque in Piave » e che questa « chavacion » sarebbe stata di vantaggio agli abitanti di Caorle 2. Fine dunque si trovava in un punto intermedio fra la Piave e la Livenza, come congetturò il Filiasi, e non sulla Piave a S. Donà, come congetturò l’Agnoletti. E precisamente nel basso territorio eracliano, all’ altezza del porto di Revedoli (di Livenzuola o Livenza vecchia oggidì), su di un canale, che era in immediata comunicazione col Canal d’Arco e con quello di Revedoli, di Torre, oggi è una povera località, un’osteria al guado d’ un canale. Essa è posta sull’estremità di una specie di penisola triangolare, protendentesi dalla Livenza verso l’antica laguna eracliana, fra le paludi di Ceggia, di Staffolo e degli Stretti, limitrofe e con-tinuatrici di quella della Valle dei Sette Casoni. Sembra una specie di delta abbandonato della Livenza, ha tutto 1’ aspetto della Punta di Equilio. Staffolo nel sec. X era terra spettante al vescovo di Ceneda e qui nel 997 si stipulava fra il vescovo ce-nedese Sicardo e il doge Pietro Orseolo II un patto in forza del quale, dietro un corrispettivo, il doge aveva in affìtto la metà del castello di Settimo (Portobuffòlè) sulla Livenza (Romanin, op. cit., voi. I, pag. 269; Martn, Storia civile e politica del commercio dei Vene- ziani, Venezia, Coleti, 1798- 1808, voi. II, p. 220). 1 Romanin, voi. I, p. 188 e 389; Monticolo, op. cit., p. 107. L’Agnoletti nel lavoro sulla Dominicalità delle Decime del 1892 si rimetteva al Filiasi (opusc. II, p. 22); ma nel suo maggior lavoro su Treviso e le sue Pievi pubblicato nel 1897 (voi. I, p. 749), pensava così come ho detto sopra. Il Filiasi lanciava la sua congettura timidamente, perchè concludendo scriveva : « Dove.... precisamente sorgesse non lo si sa (Filiasi, op. cit., voi. III, p. 96). 2 Arch. St. Ven., Liber Comunis detto anche Plegiorum e Regesti di esso stampati dal Predelli nel-l’Arch. Ven. A. II, Venezia, Visentini, 1872, p. 31 ; Savi ed Esecutori alle Acque, Capit. I, n. 342, c. 37. Vedi nota più innanzi.