Marco cornaro che conduceva a Caorle. Per ciò noi non la troviamo nominata nella descrizione del Canal d’Arco e nemmeno in quella dell’ isola di Villafranca, ma solo nella descrizione del territorio di Eraclea, contenuta nel celebre Patto, e in stretta relazione di scavi con Caorle. Dopo ciò l’espressione del Patto, donde nulla si poteva desumere circa la sua ubicazione, acquista luce e chiarezza. Gli Eracleesi dovevano condurre i dogi fino ad Equilio, quando tornavano a Venezia ; sino a Fine, quando andavano alla Livenza ed oltre Livenza, al tempo del Patto non essendoci ancora la fossa che avrebbe dovuto abbreviar questa via. La carta allegata corrobora col fatto le mie parole ed è suggello più eloquente d’ogni parola. Gettata così quanta più luce fu possibile sulla topografia della regione lagunare, in cui l’antico Canal d’Arco trovavasi ; definito il suo corso ; stabiliti i luoghi, ai quali conduceva, torniamo ad esso per perseguirne le vicende e le mutazioni. Il Canal d’Arco da Equilio alla palizzata verso Eraclea, dall’ una all’ altra laguna, come anche tutta la via, che menava verso Revedoli, erano pubblici (et a dieta pallada sursum versus Equilum totum ipsum Canale de Archis usque in canale de Equilo et totum transitum seu iter et viam navilii eundo versus Rovedulum per ipsum canale de Archo esse publicos); ma il governo veneziano ne considerava il godimento come parte del beneficio della mensa vescovile di Equilio. Si soleva lasciarlo ad essa in fitto con l’obbligo di dare al doge, ogni anno, per il Natale venticinque libre di denari veneziani, sei paia di buoni uccelli mazori (germani reali) e tre paia di chiozzi (anitre Penelopi) e più tardi, solo nove libre e un paio di buoni uccelli grandi dai piedi rossi >. Senonchè insieme col godimento, spettava ai vescovi di Equilio la manutenzione del canale, ond’ esso subì fatalmente la loro sorte, d’ altra parte strettamente legata con quella del paese. Infatti nel Trecento, come vedemmo, veniva a cessare per varie ragioni la prosperità di questi luoghi. I fiorenti monasteri, le numerose e splendide chiese, le saline prosperose decaddero, furono lasciati in abbandono, così che nel 1440, Paolo II, della casa veneziana dei Barbo, sopprimeva l’episcopato equiliano rimasto senza entrate e con pochi abitanti, viventi, a detta del Nostro, alla maniera dei bruti. E con tale decadenza generale del paese coincide quella del nostro canale e dell’ intera via. Cessata l'assidua manutenzione degli abitanti, il governo veneziano dovette moltiplicare gli scavi, di cui troviamo ricordi nel 1366, 1393, 1394, e pare anzi che fin d’ora, per qualche tempo, il Canal d’Arco fosse abbandonato e vi si sostituisse un’ altra via artificiale o più breve o più comoda, quel canale di Poveiola, che conosciamo già ; ma nel 1394, essendosi interrata anche questa strada succedanea, tornavasi ad esso e nel 1396 si provvedeva che la manutenzione di esso fosse continuativa perchè fosse efficace, affidandone l’impresa ad una persona competente con privilegi speciali, la quale molto probabilmente fu quel Tommaso Brentari, di cui si parla poco dopo 2. Non è detto esplicitamente chi fosse la persona, che assunse un tale incarico, nè abbiamo le disposizioni prese in quest’occasione, ma tanto 1’una cosa che l’altra è possibile dedurre dalla deliberazione del Senato immediatamente successiva, cioè del 1430. In quest’anno la manutenzione veniva affidata ad altra persona. Il 22 Settembre 1430, dagli 1 Museo Civ. ecc. Codex Publ,c. 234, 227*, 228, 229. dei mercanti tedeschi e degli altri che andavano e ve- 2 Nel 1366 si scavava questa via nei paraggi di nivano da Venezia per la via di Latisana e del Friuli> Lio Mazor e si facevano sottostare alla spesa anche le e il Canal d’Arco vi è detto Canal Draco (i doc. dei-barche che navigavano per il Lemene e per la Livenza I’Arch. Sta. Ven., Sen. Misti reg. 43, c. 33 e reg. 44, Nel 1393 si costruiva una palizzata e si eseguivano c. 18 trovansi pubblicati dal Cecchetti in Arch. Ven., lavori nei pressi del lido di Portesino (Arch. Sta. N. S. anno XV, t. XXIX, pa. I, p. 19 n. 5). Ven., Savi Acque Cap. I, n. 342, c. i8‘ e 3i‘). Nel 1396 si eseguivano altri scavi e si ripuliva la Nel 1394 si procedeva allo scavo del Canal d’Arco, Livenza per facilitare il trasporto di viveri dal Friuli che era stato abbandonato « quod antiquitus frequen- ed in questo decreto si parla di affidare l’incarico dei tari solebat» per un altro, quel canale di Poveiola, di cui lavori di manutenzione fluviale ad una persona com- abbiamo parlato (p. 52) da poco interratosi anch’esso. petente concedendo ad essa privilegi speciali. (Arch- Nei documenti relativi si parla di far ciò per comodità Sta. Ven., Sen. Misti, reg. 43, c. 152.)