54 SCRITTURA I - APPENDICE In questa laguna sfociavano, inoltre, il canale propriamente detto di Equilio o di Caligo, che si stendeva nella direzione di quello dell’Arco, dalla parte opposta, cioè verso Venezia, e la Piave, che vi sboccava come ora la Brenta di Fusina nella nostra laguna. Infatti nella descrizione dell’isola di Villafranca, riportata nella pagina seguente si dice che la foce della Piave era dove finiva pure il Canale di Equilio, « in ore Plavis seu in canale de Equilio ». Così chi da Venezia andava dalla parte di Eraclea, della Livenza, del Friuli, dei paesi tedeschi“ dopo aver navigato per i canali di Burano, Ammiana (S. Felice), Lio Mazor, entrava nel canale di Equilio e da questo passava, attraverso una laguna, nel Canal d’Arco. La Piave metteva in comunicazione con le terre del Regno italico. Il transito sulla Piave, in ogni tempo grande, specie per il trasporto del legname, onde al vescovo di Treviso era concesso il diritto di muda o dazio su di esso, come gli era concesso su altre merci in Cavergnago o Campalto in prossimità del Sile, e in Mestre e Marghera all’estremità del Terralio, grandissimo doveva essere in questi tempi di trascurata viabilità terrestre. Il catastico caminese del Trecento testimonia che molte erano le strade, ma tutte mal tenute '. una scoperta ivi fatta di molte tombe ad umazione protette da embrici disposti a tetto, in una delle quali si era rinvenuto un anello d’oro e nelle altre oggetti di bronzo e monete (Conton, loc. cit). Dandolo dice che fu chiamato Equilio, perchè i suoi abitatori erano pastori di cavalli. Non c’ è nulla di inverosimile in ciò, essendone i Veneti celebri allevatori. Che poi mandre di cavalli e di porci scorrazzassero numerose nelle selve del continente e dei lidi è detto chiaramente nei primi trattati stipulati fra la consociazione veneta e gl’imperatori franchi, i quali non fecero che confermare i trattati preesistenti con i re longobardi, di cui il primo fu quello fra Liutprando e Paoluccio Anafesto. Il suo nome si mutò nel nuovo dialetto veneto in lesolo, che diventò Dragoiesolo, quando sull’ importanza politica della città cominciò a prevalere quello commerciale della via acquea, il Canal d’Arco, detto anche Darco, Draco e Drago. Fu essa città in un’isola, certamente non priva di abitazioni ai tempi di Roma. Il Giustiniani dice che Equilio si trovava su di un lido abbondante di pascoli e di boschi « iuxta canalem ad hunc diem Arcum appellatum » ; ma il Giustiniani certo si riferisce allo stato di cose esistente ai suoi tempi, che sono quelli del Nostro. Isola la dice il Sagomino e non v’ è dubbio eh’ essa si trovasse nelle stesse condizioni almeno di Eraclea e dell’isola di Villafranca, posta dall’altra parte della Piave. La descrizione di quest’isola e l’ubicazione di Musile (diga o sostegno) provano che una tal foce trovavasi al di sopra di Equilio. Certo essa fu unita al continente più presto di altre isole, trovandosi alla foce della Piave, dopo che questa, come abbiamo veduto, cominciò a scaricarsi nella sua laguna con tutta la massa delle proprie acque; e ad affrettar quest’opera d’interramento più da questa parte sinistra che da quella destra, cioè della parte dell’isola di Villafranca, concorse senza dubbio il fatto che dalla parte di Villafranca la Piave fu contenuta con mugili o dighe, mentre dalla parte di Equilio si cercò di darle sfogo con quella famosa « taliata de Rete » che poi diventò il Taglio di Re e che fu uno dei più antichi scaricatori, dei quali esista memoria non solo qui ma in tutta la laguna, perchè si trova nominato fine dal Ducento (v. innanzi). Come abbiamo detto, ai tempi del Cornaro, in E-quìlio si era nel periodo di trasformazione continentale: « Giesolo.... hozidì se va mejorando in modo che dove era i canali, tuti se vano aterrando » (Scritt. II pa. III). Ed il Gallicioli (op. cit., libro I n. 48) riporta una descrizione del luogo del 1446, contemporanea a quella del Cornaro, che la conferma e l’amplifica, aggiungendo »ma notizia particolare sull’esistenza di una Punta di Equilio, una penisola formata dalla Piave, simile a quella che la Brenta aveva formato circa lo stesso tempo verso S. Marta, cioè la famosa Ponta dei Lovi. È un certo P. Bartolomeo Benvenuto che parla: « Locus Equilii est incultus, sterilis et inha-bitatus propter aeris intemperiem. Item dixit quod a loco vocato Ponta Equilii usque ad locum vocatum la Coeta, in quo est inclusa pigneta, et multa prata et paludes, sunt inutilia ». Poco dopo, nel 1447, il vescovo di Equilio, Antonio Bono, concedeva in feudo a Lodovico e Bernardo Beaziano, una larga estensione di questo territorio fra Piave e Livenza dove i prati e i boschi si alternavano con le valli, perch’ essi lo bonificassero, come intendevano (Arch. Sta. Ven., Savi ed Esecu. alle Acque, 28, c. 104). 1 II vescovo di Treviso aveva nei sec. XIII e XIV diritti sui mulini e sul commercio della Piave, specie sul legname. Ora, siccome esso di tali diritti godeva in Mestre, in Campalto e in Cavergnago cioè allo sbocco di vie acquee e terrestri (Cavergnago trovavasi presso il Sile, nelle vicinanze di Altmo), è lecito arguire che egli li esercitasse in un luogo posto all’imboccatura della