128 MARCO CORNARO che chi voleva vegnir da Noventa, che era el porto de Padoa, per andar a Venesia convegniva capitar a questo arzere, dove era una tore che se chiamava la tore del porto K E lì lo monestier de Sancto Illario tegniva una cadena 3 a traverso la Brenta el Mazo, Zugno e Agosto in modo che chi voleva passar i dicti tre mesi pagava el quarto de quello i vadagnava del nolo; et era in libertade de quelli che vegniva a porto cum le barche de andar zo per el fiume cum longa via a vegnir a Venesia overamente a tragetar la sua barcha al dicto arzere, come se fano a Lizafusina e ge-tava le barche in lago de Sancto Illario e per quello vigniva a Venesia cum assai men via che andar per el fiume de la Brenta 3. e quale i padovan lungo la Brenta, per difender lor ville e lor castelli anzi che Chiarentana il caldo senta ; Dante, Inferno c. XV vv. 4-9. Pur lasciando stare la celebrità acquistatasi già nel Ducento dai Padovani in cosifatte opere, certo si è che nel 1100 i Veneziani li pregavano a dare un altro corso alla loro Brenta « rogentur Paduani, quod flumen Brentae mutetur » (Trevisan, Della laguna di Venezia, Venezia, Lovisa, 1718 p. 82). E fors’anche il navigatorio di Sarmazza che si trova nominato in un doc. del 1132 e che per la Fossa Gorgonara entrava nel Cornio, fu un precedente di questa diversione. A riversare 1’ acqua della Brenta in Canal Mazor, oltre alla larghezza e alla profondità di quest’ alveo, in cui confluivano molte acque (per imbottigliarlo i Genovesi dovettero affondarvi parecchie barche. Dan. Chinazzo, Cronaca della guerra di Chioggia in Rer. it. Scrip. To. XV p. 77 ; e vedasi inoltre la carta del Sabadino), potè certo aver influito sui monaci di S. Ilario il ricordo vago e lontano che per di là aveva corso là Brenta, il Medoaco maggiore. Cosifatti ricordi influirono certo in altri casi, ad esempio, nello scavo della Brentella di Limena e del Piovego di Strà. Miei la carta del Valier, questo canale si vede appena, bene si vede invece nella carta del Sabadino. Nel 1400 il Canal Mazor adempiva la funzione di via commerciale fra Venezia e Piove di Sacco. Marin Sa-nudo scriveva : « et si poi andar a Venezia (da Piove) et vegnir per aqua con un canaleto », il Fiumeselo della carta del Sabadino, che entrava nel Cornio e di qui in Canal Mazor, (M. Sanudo, op. cit., p. 31). 1 Dove trovavasi questa « tore che se chiamava la tore del porto » ? Più innanzi ce lo dice egli stesso : « quasi apreso la Mira, over picola cosa de soto de la Mira, cerca a preso le Gambarare », onde ben forse s’ appose il Marzemin, identificando una tale località con Porto Menai, anziché il Bellemo, credendola Oriago. (Marzbmin, op. cit., pa. I. pp. 105 e 122; Bellemo, op. cit., p. 174 e seg.). Porto Menai, situato in un quadrivio romano, nel qifale confluivano le vie provenienti da Aitino, da Mestre, da Adria e da Padova non del tutto perdute nel sec. X (è qui, nei pressi di S. Ilario, che, secondo 1’ affermazione del diacono Giovanni, il doge Pietro Orseolo I montò a cavallo con i compagni, nella sua fuga da Venezia, nel settembre del 976 « non procul a Sancti Ulani monasterio equos assendentes . .. velocissimo cursu viam carpere ceperunt. Cronache Veneziane antichissime, a cura di Monticolo in Fonti per la Storia d’ Italia, Roma, Ist. stor. ¡tal. 1890 voi. I, p. 142) ben potè essere l’Ad Portum della Peutingeriana prima ed il porto dei doc. abaziali poi. Questo Porto era, sul principio del Sec. XII, una borgata o villa con un castello munito di torre, centro di una Curia o Corte « composta di ben 150 masserie, corrispondenti a circa 3000 campi, posti tra i fiumi-celli Dese e Cornio e sparsi nelle località di Curano, Cunio ?, S. Bruson, Stai verde, Tombelle, Sarmazza, S. Pietro di Strà, Fossò, Prozzolo, Paluello, villa de Alterius (forse Altichiero), Oriago, i Boltani (presso Mira-Porte), Orsignago (forse Rossignago), Marano, Arino, Veltrego, Scaltenigo, Formigo ?, Albarea, Adri-ne, Carpenedo, Burbigliaco, Viconovo ». (Marzrmin, op. cit., pa. I p. 106). Spettò dapprima ai Collalto trevisani, e dai 1117, per compera fattane, agli abati di S. Ilario ; ma entro a questi confini ebbero possessioni pure dei signori padovani e fra questi Rolando da Curano (il castello vicino) da cui le ereditava la figlia Mabilia e quindi la famosa Speronella dei Delesmanini, figlia di Ma-bilia. Da Speronella passavano in parte per dono e in parte per eredità al figlio Jacopo di S. Andrea di Co-divemo, infesto agli abati di S. Ilario non meno che le acque della Brenta (Marzemin, op. cit., pa. I pp. 105, 106, 133 e seg. ; Rob. Cessi, Iac. di S. Andrea in Bollettino Museo Civico di Padova 1908 p. 3). 2 La notizia della catena il Cornaro deve averla desunta dalla tradizione o da consimili opere a lui contemporanee. Di cosifatte catene, che servivano di sbarramento, doveva essere comune l’uso e noi sappiamo, ad esempio, che ve n’ era una anche al porto di S. Nicolò. 3 La lezione « come se fano a Lizafusina » deve essere, evidentemente, sostituita con quest’ altra « come se fa ora a Lizafusina ». Dev’ esserci stato certo a questa torre del Porto