SCRITTURA JI. - APPENDICE Un altro, Andrea Bondulmiero, approvava 1’ intestatura del Moranzan, ma proponeva che si lasciasse aperta per le cattive acque la bocca della Tergola e che si lasciasse aperto anche l’argine del lago’Lizzarolo (verso le Gambarare) per dar maggior corso all’ acqua, affine di ricuperare i molini del Volpadego. (L’ acqua del Volpadego era alimentata dalla Brenta per mezzo della Fossa dei molini). Gli altri tre (Dandolo, Coccolo e Giorgio) proponevano che si aprissero la bocca della Tergola kanali de Vico nichilominus ab ipsa pallata usque ad primam metam sive terminum confiniatur aput Vissi-nonis minoris sunt passus triginta et ab ipso primo termino usque ad secundam et firmantur caput Funda-menti posito in ipso canali de Vico sunt passus circa sexaginta. Unde a dieta pallata usque ad secundum et ultimum teminum in sepedicto kanali de Vico positum sunt passus circa nonagiuta. Et a dicto ultimo termino veniendo inter grecnm et levantem usque ad angulum orti monasterii sancti Georgii de Allega sunt passus mille quadrigenti et quadraginta quatuor » (cc. 418*-4*9t)- Dagl’ interrogatorii, poi, contenuti nella prima sentenza (cc. 393*-404) si desume: che il Visignone era in parte pubblico e in parte di privata proprietà dei Marcello, al disopra dei loro molini ; che la « taiata » del Moranzano, cioè la fossa conducente dal Visignone al Moranzano era stata fatta dai Marcello e che, in capo al Moranzan, questi avevano costruito e mantenevano a loro spese un arrostamento ; che il fiume di S. Ilario era considerato come il fiume Una, quello sul quale sorgeva la piccola capella di S. Ilario donata dai Partecipazi nel’ 819 ai monaci di S. Servilio ed anche come una Brenta vecchia. Un teste, Andrea Michiel, dice che la chiesa di S. Leone (l’ospizio fondato nel 1181 da Leone di Cana-regio, ved. p. 138), la quale come si sa era all’ imboccatura del fiume di S. Ilario, trovavasi « in loco qui dicitur Brenta ve';'. » ; che la « taiata de Morenc(ano » era posta « inter Brentam veterem qui dicitur nunc Una et flumen Roglaci ». Un altro, Salvatore Sabadino, dice che la sua pantiera stendevasi per duecento passi « super ri-pam Brente veteris .... infra de Sancto Leone versus Venecias ». Ogni testimonio è interrogato dai giudici con la stessa domanda seguente : « si Visignon magnus et Visignon parvus (ovvero minor) et aqua vocata Fun-damentum et Cona (o lacus de Cona o lacus S. Marie) et ¿vlalanox et lacus Tergule Li<;afusina et aqua Sancte Marie Jubanico positi sunt infra Unam sive Brentam veterem et flumen Rojagli » o anche « inter unum Brentam et alium (il fiume Rojaglo era detto anche Brenta) et si fuerit extra Brentam sicum, qui dicitur Una versus septentrionem et versus flumen Roglaci ». 11 teste Rodolfino dicendo che il Clarino (Tergola?), giunto in prossimità di S. Ilario, si divideva in due rami, l’uno discendente nel Canal delle Gam- barare, l’altro nell’ Avesa, afferma che una tale divisione avveniva nella Brenta ora atterrata e riempita chiamata Una : « firmabat in Brenta nunc atterrata et amonita clamata Una per quem descendebatur in canali de Gambararie nunc atterrato. Alio suo capite firmabat in Oriola qua descenditur in Avisa ». E interrogato « si bucha fluminis Sancti Leonis dicebatur bucha Brente veteris » risponde confermando. È vero che questi testimoni non si mostrano sempre sicuri, perchè grandi alterazioni erano avvenute e grande confusione si faceva. Grandi alterazioni dovevano essere avvenute : lo prova la deposizione di Andrea Michiel, il quale dice di sapere « de bona conscientia quod iam sunt ultra anni quinquaginta quod audivit dici ab ore ser Nicolai de Bondollo Sancti Nicolai et Marini Malce-sano de dicto confinio quod aqua salsa verberabat ad murum ecclesie Sancti Illarii et ibi ceperunt go ad fossinam et ad tognam .. . Nicolaus bene erat annorum centum viginti. . . Marinus multum senex, sed de numero annorum non recordatur ». Tutti confermano che le acque salse sbattevano un giorno contro il muro della chiesa di S. Ilario e che i canneti erano cresciuti per P invasione delle acque dolci « quando caneta cre-scunt et atterantur ora fluminum se extendunt versus palludes ». Grande confusione pur c’ era : lo prova la deposizione del Michiel, che, interrogato se sapesse che la bocca della Brenta vecchia (fiume di S. Ilario) si chiamava « bocca del fiume » rispondeva : « si dicebatur ibi bucha fluminis nescit » ; l’incertezza sui diritti dello stato e dei privati cittadini. Raffaelo Griti, che pur dice di aver pratica dei Visignoni e del territorio di Fusina dichiara di non saper dire se essi si trovassero entro i limiti indicati dai giudici. Spunta il dubbio che Rodolfino ripeta una lezione imparata a memoria, tanto è grande la somiglianza fra la descrizione, eh’ egli fa del corso del Clarino, e quella che si legge nella donazione partecipazia del 819. Ma che il fiume di S. Ilario fosse detto anticamente Una non c’ è dubbio per quel che si legge in tal carta : « capellam in honorem beati yllarii . .. super flumine, qui dicitur Une ». Nè c’ è da meravigliare che nel 1327-8 esso fosse considerato come un ramo vecchio della Brenta, passando ancora di là la navigazione per Padova (nella sentenza del 1328 dicesi «antiquitus ibatur Paduam deredente ecclesiam ., . sancti Leonis de ora fluminis » ma vedasi più innanzi). Acque della Brenta ne