ii4 MARCO CORNARO E1 qual auctor papa Nicolò quarto quello fece tradur de greco in latin a uno mai-stro Guerin ; el qual libro è in le man del spectabil cavalier, miser Jacomo Antonio Marcello ; e questa parte soto scripta havi io Marco dal spectabil miser Andrea Bernardo >, la qual cusì comenza : gnana, Este, Brondolo) e se tre rami del Po, il Sagis, la Caprasia e la Carbonaria correvano in esse, vi correvano però sfiorandone quasi il lembo meridionale. Adria dunque si trovava sull’orlo occidentale di queste lagune, a 12 km. dal mare. Oggi essa ne dista almeno 22, sta nell’ interno del continente ed il suo antico piano giace a 3 m. anzi sino a 6 al disotto dell’ attuale. Il suo lido avea due entrate : quella di Fossiones al sud e quella Fossa Philistina o Tartarus (Porto di Loreo o Porto Viro) al nord, nella quale veniva a riversarsi il Mincio con la maggior parte delle sue acque (parte entrava nel Po a monte di Borgoforte). Subentrata a Spina, ebbe un periodo di grande splendore ed impose il suo nome al mare, che, detto Ionio fino al V sec. a. C., fu di poi chiamato Adria. Anzi i Greci presero a chiamar Adria tutto il litorale e lo stesso fiume attraversante la città, quello appunto che forse da Filisto siracusano, vivente esule in essa, fu chiamato fossa Filistina e più tardi Tartaro. Le grandi costruzioni idrauliche, i canali verso il Sagis, 1’ Adige ed il mare stanno a testimoniare con quanta tenacia la città abbia combattuto contro l’interrimento. Ai tempi dell’ Impero essa aveva ancora libero 1’ accesso al mare ed una corporazione di barcaioli. Presso il Sagis e cioè, se la Tavola Peutingeriana è esatta, al ramo meridionale Caprasia, si trovava la stazione « ad Paduum » a 24 miglia da Ravenna, dalla quale si risaliva per il Po al Ticino, per il Tartaro e per il Mincio al Garda, come ci attesta Catullo nel-1’ ode alla sua piccola nave da diporto, ricondotta felicemente nella placida insenatura di Sirmione dal lontano Mar Nero. Augusto, Nerone, e Vespasiano vi fecero eseguire lavori di grande importanza. La fossa Augusta si stendeva a nord di Ravenna, tagliava il braccio di Spina, seguiva la striscia di terra fra Valle del Mezzano e Valle fossa di Porto e sboccava infine nel Sagis. La fossa Flavia, incominciata dagli adriani, fu rinnovata da Nerone e da Vespasiano, onde assunse il nome, toccava il ramo di Volano (Argine Trebba ?), continuava, come l’attuale Canale di Mezzogoro, verso Ariano, dove incontrava il Po di Goro (Carbonaria) e finalmente il corso d’ acqua che congiungeva la città col mare. Ma, trionfando l’interrimento, anche Adria, come Spina, fu a sua volta superata dagli altri porti più vicini al mare, cioè da Ravenna, Aitino ed Aqui-leia, e se questi canali si conservarono si fu perchè servirono come allacciamento fra Rimini, Ravenna, Aitino, Aquileia. Ora delle antiche lagune adriane, come anche delle fosse romane, non esistono più che pajlide memorie e qualche traccia, sia per la progressiva e lenta azione dell’ alluvionamento, sia per le violente modificazioni radicali avvenute specie nel 589 e nel 1152. Il terribile diluvio del 589 d. C alterava del tutto la fisonomia di questi luoghi. Il Mincio era portato tutto intero a sboccare nel Po a Governolo ; l’Adige, che per Montagnana ad Este sfociava nel porto di Brondolo, rompeva alla Cucca (Veronella) sotto ad Albaredo, e per Legnago andava al mare invadendo e cancellando gli antichi alvei del Mincio, del Tartaro e delle fosse Filistine. Nel 1152 il Po rompeva fra la Stellata e Ficarolo, abbandonava Ferrara e formava il nuovo alveo di Po di Venezia che assunse anche il nome di Po grande, anticamente proprio del Po di Volano e del suo ramo Sagis. Quanto a Ferrara e a Bologna, basterà ricordare quanto segue : gli Etruschi eseguirono opere grandiose di canali e di arginature per bonificare i terreni paludosi della regione, in cui essi edificarono Felsiua (Bologna) e costrussero la strada lungo le radici dei colli da Bologna fino all’ Enza passando per Casalecchio, certo perchè la pianura più bassa era soggetta alle alluvioni fluviali in modo da non offrire stabile sede per una strada. I principii della coltura del terreno e della vite, che si trovò maritata ad un olmo ad una profondità di m. 10.50 sotto 1’ odierna superficie del suolo presso Modena, sono da far risalire a nove o a dieci secoli prima di Cristo. Ed ecco quale era lo stato di questa regione subappenninico-padano ai tempi di Strabone, cioè di Augusto : « molta parte della Celtica al di qua del Po era coperta da paludi per le quali Annibaie passò a stento andando verso la Tirrenia ; ma Scauro asciugò quelle pianure raccogliendone le acque in canali navigabili da Piacenza fino a Parma: perchè la Trebbia che entra nel Po dopo Piacenza, ed anche prima di quel punto parecchi altri fiumi che vi si scaricano, lo ingrossano oltre misura..... Marco (Emilio) Lepido e Caio Flaminio, dopo aver debellati i Liguri, 1’ uno costrusse la via Flaminia che va da Roma fino ai dintorni di Rimini, attraversando la Tirrenia e 1’ Umbria, 1’ altro quella che da Rimini va fino a Bologna e poi fino ad Aquileia lungo le radici delle Alpi.... e costeggiando le paludi » (Strabone, lib. V, cap. II, trad. Ambrosoli ; Ntsskn, op. citvoi. I, pp. 89-94, 174-183, 202-214; voi. II, pa. I pp. 211-225; Lombardini, Della condizione idraulica della pianura subapennica fra l’Enza ed il Panaro e dei cangiamenti ivi avvenuti, Milano, Laengner, 1865, p. 120). 1 Non fu Nicolò IV, ma Nicolò V ( 1447-1455) Ecco evidentemente un altro errore dell’ amanuense. Mentre il Guarino procedeva in questo lavoro ala-