7-25 difesa fata per soldati, li turchi li montorno sopra. Ma poste lo nave in seguro, li ussì Sua Excellentia con 20 galere et, furono a manco de tiro di canone, et a colpi de canonate li fecemo tornar adriclo et havemo ripreso dite nave, 1’ una con 200 turchi, presa per il signor capitanio Antonio Doria con più galere, de quali se ne amazò in questa bataglia più di 100, et il resto presi ; et io con la galera imperiai, P altra, in la quid erano da 100 turchi, di qual chi si buio in mare et chi se amazò, et. . . preso da 60 vivi. Et non obslante questo Sua Excellentia li segui fino sopra de ditto Cavo, et hessendo già bore 22 con la gente mollo faticata et con 1-4 galere perchè le altre tiravano le nave, se ne ritornò, et lo . . . alhora dete foco a le slanzie, et con grande paura se ne ritornò a la volta de un certo castello qui apresso miglia 5. L’armala è andata a Modon, et si ha dato principio a scaricare le viluarie, quale spero sarano scaricale fra 8 giorni, et fato questo se ne veniremo a la volta de Messina per questo che posso intendere. Da Coron, in galera, a dì 9 de Agosto dii 1533. Francesco Periuentero da Ferrara. Illustrissimo signor. Aziò che Vostra Signoria sia ancor lei avisata dii bon effetto di questo nostro camino, per lelere intenderà brevemente. Saperà adunque come beri, che fu 8 dii presente, parlili che fumo da P ixola di Sapientia con le 26 galere et altri vasseli in compagnia per venir qui in Coron, Irovamoqui apresso 6 o 8 miglia, ad uno locho che se chiama Cupo di Gallo, da 70 velie vel circa con la poppa in terra, et diverse bandiere di fantarie verso di esse, et venendo noi tuttavia accostandosi giontamente per andarli.adosso, il vento non concesse mai a nostre nave che polesseno andar a P orza et affrontarli, pur tuttavia li andavamo brachizando con P artel-laria et lor nui. Et vedendo nui che ’1 vento per far quello effecto non era in nostro favor seguitando il nostro camino per questo locho, appresso dii qual cerca do miglia il vento mancò, et do di le nostre nave per poca diligenza et cura de li marinari se imbarazorono insieme, et seguitandone tuttavia l’armata turchesca a remi fu assai presto a cercha di esse do nave, et combalendo un gran pezo, una di esse abbandonata da diversi marinari restò in luto presa con diversi bomeni vivi, et P altra, dove era il capitanio Ermosiglia, se difese sempre tra il caslel 726 di poppa et quel di prova. El vedendo noi che la importanza per socorer questo locho eru che le altro tulle restante fusser poste in caulo, fato che 1' heb-beno, se voliamo con zerca 20 galere de le miglior, che non erano de le forzale ma di bona voglia, per soccorrer le do nave, et come a Dio piacque non solum recuperamo le do nave, una con 200 ianizari che li erano sopra, ma seguitamo tutta P armata nemica per 5 o 6 miglia con maggior danno assai de li lor homeni che de li nostri. El vedendo non poterli far altro per lo poco numero che eramo, rilornamo al nostro camino pur qui dove siamo con honor grandissimo de Sua Maestà et de questa sua felicissima armala, et remediato al poco danno di le galere. Il campo da terra, sicome ebbe veduto lo effelo di questo soccorso, si levò da li allogia-menti el (ulta via, per quello fino qui ho possuto intender, va cambiando come in fuga, lassata in li allogamenti quella poca vitualia et munitione che bavevano con diverse altre bagaglie el do pezi pi-zoli de artellaria. Et questa note poi mandai tre galere per intender quello faceva Parmala nemica, et P hanno trovala che già era retirala in Modon. Data a Coron, a li 9 de Avosto 1533. Copia dì una lettera scrita per sier Francesco 534(1) Moro di sier Bortolomio prexon di corsari, la qual fo leta a Gran Conseio, ricevuta a dì 3 Settembrio 1533. Laus Deo, 1533. A dì 22 Luio, in le Zerbc. Magnifico missier padre honorandissimo. Io vi ho scripto questa matina, et ho habuto mezo che la sarà mandata a Roma, et cussi le ho adrezade al clarissimo ambassadore, le quale de facili le potrete haver; mi ha parso etiam per via de Cicilia farvi la presente, per le quale io vi avixo star bene per la Idio gratia, non obslante che io hnhbi patito tanto et tanto che certo è divino miracolo che sia vivo. Come che fossemo in questo locho fui accusato da unogriego, chezà è stà turco, che io andava capitanio a Famagosla et che era homo grande et ricco ; donde che il capitanio grande me fece chiamarei mi disse : «Dondeèli lui ducali? » Ge dissi non lenir ducati, che era povero, et che per viver andava soldato in uno castello in Cipro. Mi fecero ligar le mano da dricdo el su questo da soi satelliti mi fo pelà tutta la barba et capelli et fui butado in terra con la panza in suso, mi fu messo uno baston in bocca, et con li piedi tenivano (1) La carta 233* è bianca. MDXXXIII, SETTEMBRE.