ALBANIA Altre rivolte specificamente albanesi scoppiavano contro il Turco nel 1830 per opera di Veli bey di Ja-nina e di Seliktar Poda, pascià dell’Albania centrale con la connivenza di Mehmet Alì, viceré d’Egitto e Mustafà Bushati pascià di Scutari, che a sua volta — dopo la morte dei due ribelli caduti in agguato teso dal turco Reshid pascià — insorgeva e chiudeva una serie di vittorie, arrendendosi agli ottomani che l'assediarono nella fortezza di Rosafa. Il terreno ormai scottava sotto i piedi ai turchi: rivolte scoppiavano un po’ dappertutto, sostenute da agenti esterni, greci o slavi, e represse solo col gettare una tribù contro l’altra. Il giorno in cui il popolo albanese avesse deposto le rivalità e si fosse stretto in un fascio contro il nemico secolare, la Mezzaluna sarebbe tramontata sulle Alpi. Ma quel giorno era ancora lontano. E la miglior prova era precisamente il fatto che nel movimento della rigenerazione della Grecia, dal 1821 al 1850, i primi e principali eroi che iniziarono il moto e strapparono all’impero le regioni dal golfo ambracio e Missolunghi furono albanesi: i due Zavella, Lambro Veico, Marco Botzari, stratarcha dell’esercito ellenico, Odisseo figlio di Andruzzo, collega di Botzari e difensore delle Termopili nel 1821, l’ammiraglio Miauli, i corsari albanesi di Hydra e Spetzai, i klefti e gli armatoli che avevano già combattuto prò e contro Alì Tepelen e i suoi emissari. Questi albanesi cristiani, cadendo per la croce che l’arcivescovo Germanos aveva levato a Patrasso, non pensavano che un giorno l’Ellade ne avrebbe scritto i loro nomi nell’Olimpo delle glorie nazionali e ne avrebbe fatto una ragione d’irredentismo nell’Albania meridionale. Appunto per questo sul Bosforo si confidò per 71