PIO BONDIOLI rono i viaggi giornalistici che fruttarono al Corriere della Sera le corrispondenze dell’Ojetti nel 1901 che affermavano: «Noi abbiamo centomila diritti di occuparci dell’Albania »; quelle del Mantegazza del 1902 pure raccolte in un volume che giungeva a conclusioni identiche, e le lettere del Di San Giuliano dello stesso anno. Ma passarono quasi negletti i lavori del Chiara (1879), del Vannutelli (1886), del Galanti (1901), del Barbarich (1905), i non frequenti articoli di riviste, per lo più redatti allo scopo di interessare l’Italia ai traffici con l’Albania. Le guerre balcaniche diedero occasione a alcune altre pubblicazioni, ma sembrò un gesto romantico e un po’ strano quello del Vaina intruppatosi nel 1911 coi quattrocento Malissori che facevano la guerriglia intorno a Scutari e per un mese arrestarono i quindicimila uomini di Edhen pascià. Due anni dopo dava valido aiuto al numero unico della fiorentina Voce sull’Albania, persistendo nella sua attività quasi solitaria troncata soltanto con la morte che lo colse sulle Alpi d’Italia in faccia al nemico, nel 1915. E’ senza alcun dubbio merito della politica mus-soliniana, se gli italiani da tre lustri accordano una maggior attenzione all’altra sponda dell’Adriatico. E va pure detto che, come sempre, i fatti sono stati più eloquenti delle parole e che, portati sul terreno realistico e pratico, i problemi albanesi in questi anni hanno fatto grandi progressi verso la realizzazione di soluzioni che ora tocca condurre a termine e organizzare nel quadro completo dell’evoluzione e sistemazione di un regno, il quale finalmente ha trovato in Vittorio Emanuele III il Sovrano degno di portare la corona di Skanderbeg. E ne è venuta anche una migliore e più esatta co- 14