PIO BONDIOLI strumenti dell’oppressione dei loro padri e fratelli. Abolito il devsciurmé nel 1638, i turchi non rinunciarono a servirsi delle genti albanesi per il loro nerbo di guerra. Alla violenza sostituirono gli allettamenti e le prebende, gli onori e le ricchezze. Albanesi salirono ai massimi gradi della gerarchia militare ed entrarono neH’amministrazione civile, fino a tutto il secolo diciannovesimo. Già alla fine del Cinquecento sono due albanesi, i grandi vizir Ferhad e Sinan, che governano al posto dei rammolliti Murat II e Maometto III. Poi è la volta dei Keupruli, albanesi dell’Asia minore, riorganizzatori dell’impero turco e introduttori delle milizie albanesi dei giannizzeri. Il primo della famiglia è quel Mohamed pascià che collocò sul trono della Moldavia l’albanese Giorgio Ghica capostipite dei principi romeni, da cui discese nel secolo scorso la scrittrice italo-romena Elena Ghica, più nota sotto lo pseudonimo di Dora d’Istria. E albanese fu il creatore dell’Egitto moderno, Mohamed Alì. Nella seconda metà del secolo scorso fu governatore del Libano un gesuita scutarino col nome di Vasa pascià. L’Albania non volle mai accettare la leva militare, ma fornì alla Turchia volontari, soldati e ufficiali di grande valore. Nell’esercito turco un reggimento di mirditi portava la croce sulle sue insegne. Generoso contributo di sangue diedero poi gli albanesi in quasi tutte le guerre combattute dai turchi negli ultimi tre secoli, per esempio nella guerra di Crimea, in quella del 1877-1878 contro la Russia. E sulla fine del secolo decimosettimo, il principe cristiano dei Mirditi, Marku Gjion, combattendo sotto le bandiere del sultano, respingeva i cattolici imperiali che avevano occupato l’Albania settentrionale e orientale. 64