PIO BONDIOLI da greci e ebrei levantini, che passavano di mercato in mercato e rifornivano di scampoli e ciancafruscole i bazar, cioè le contrade e i quartieri con botteghe. Esclusa la possibilità, per il momento, di grandi impianti industriali, l’organizzazione dell’economia albanese doveva fondarsi tutta sulle risorse naturali, cioè sui prodotti degli allevamenti, delle coltivazioni agricole, delle foreste e del sottosuolo. Anche qui s’è dovuto incominciare quasi dalle fondamenta, mancando un’esatta conoscenza della geologia e, in qualche punto, della topografia del paese, per cui non è ancora stabilita con sicurezza la superficie dell'Albania e si accetta generalmente la cifra di 27.538 chilometri quadrati del Seleniza, mentre restano provvisorie le percentuali dei terreni boschivi, a coltura e incolti. Aggiungasi la profonda diversità che presentano le varie regioni anche dal punto di vista della possibilità di estendere e migliorare i metodi agricoli attuali e la caratteristica ostilità che incontrano nella popolazione alta e bassa per la permanenza del latifondo affittato dai bey e spesso subaffittato da speculatori contro pagamento del canone in natura (un terzo dei prodotti) e per il diritto tradizionale di pascolo indistintamente dei terreni incolti, privati o demaniali. Aumentare la superficie coltivata significa accrescere il numero dei contadini e diminuire quello dei pastori, in particolare nella zona collinosa e montana. Trasformazione sociale della massima importanza, senza dubbio, ma urtante una diffusa mentalità. L’agricoltura tuttavia rappresenta per l’Albania la principale fonte di ricchezza, di vita e di benessere, impegnando il 90 % della popolazione. La situazione geografica, il clima vario, la posi- 144