PIO BONDIOLI bandiera di Skanderbeg, con la « eravate » tricolore era alzata sulla prefettura. I greci dovettero abbandonare la città e si portarono via — secondo l’abitudine balcanica — la cassa. Fu composta una specie di governo con un Consiglio di notabili mussulmani e ortodossi, si organizzò un tribunale, un corpo di polizia e una « gendarmeria mobile » dalla quale venne il battaglione albanese che, al comando di Holtz, doveva poi prendere parte alle azioni dell’estate 1918 ed essere decorato della croce di guerra francese. Nacque così la « repubblica di Coriza » in un’atmosfera di entusiasmi che sfiorirono ben presto. Il De-scoins non aveva fatto bene i conti col Venizelos legato a fil doppio con il Sarrail. Il furbo greco urlò, strepitò, mise in allarme perfino il Quai d’Orsay avvertendo che Coriza in mano agli albanesi era una vittoria dell’Italia e di Re Costantino, un’offesa per il governo intesofilo di Salonicco e una minaccia per le retrovie dell’esercito, alleato d’Oriente. Al generale Sarrail furono offerte le prove dei contatti che mantenevano fra loro la banda del Germeni passata ai servizi francesi e quella di Sali Butka, avversario acerrimo di Essad pascià, trasferitasi sul fronte austro-bulgaro-tedesco a disposizione del generale Falken-hausen, già addetto militare a Atene, e allora a Podragec sulle rive del lago di Ocrida, punto importante di passaggio delle spie infestanti i Balcani. Rapidamente la situazione mutò. L’indipendenza albanese venne relegata in soffitta. La Sureté francese sorvegliò, perquisì, fucilò. Il Germeni, che era stato nominato prefetto della polizia, venne passato per le armi; i suoi amici e aderenti fecero in gran parte la stessa fine o si salvarono gettandosi nelle montagne. I venizelisti rientrarono a Coriza, e con implacabili 106