PIO BONDIOLI tato così faticosamente elaborato dalla Conferenza di Londra e dal protocollo di Firenze, era abbastanza facile pensarlo. Ma questo si fece evidente nella stipulazione di pochi mesi dopo con le Potenze alleate. Russia, Inghilterra e Francia, del Patto di Londra che, in cambio dell’intervento con gli Imperi centrali, prometteva all’Italia la Dalmazia e vantaggi territoriali nell’Asia minore e nell’Egeo, riconoscendo in cambio l’aspirazione serba allo sbocco sull’Adriatico attraverso l’Albania settentrionale. Forse nessuno dei firmatari in quel momento aveva previsto che lo scottante terreno sarebbe diventato teatro di guerra per tre anni e che sul fronte albanese macedone sarebbe incominciata la disfatta del nemico contro il quale il Patto era diretto. Di più, da parte degli Alleati fin dal principio era la tacita riserva mentale di non osservare le clausole troppo favorevoli all’Italia, lasciando alle circostanze l'indicazione dell'occasione opportuna per violarle. La campagna d’Albania forse troppo a torto anche tra noi è stata considerata un elemento secondario nel panorama grandioso della guerra europea. A formare quest’opinione hanno contribuito senza dubbio l’incertezza dimostrata dal ministro Sonnino nella formazione del Patto di Londra e gli insuccessi nella sua applicazione. L’unione personale dell’Albania all’Italia avrà dunque l'effetto di richiamare alla memoria degli italiani una generosa impresa, costata un sacrificio enorme di vite, di sangue e di mezzi per affermare il diritto del nostro paese alla libertà nell’Adriatico e di transito nel canale d’Otranto, il nostro antico interesse sulla « quinta sponda ». I settemila soldati che riposano nel cimitero di Valona non rappresentano il numero esatto dei caduti per l’Italia e 92