PIO BONDIOLI a Toplana, dove — lo dice un proverbio locale — « gli uomini s'ammazzano come porci ». La vendetta o gjaksur non è affatto quel che si dice in termini legali un arbitrario esercizio delle proprie ragioni nè l’applicazione del primitivo « occhio per occhio, dente per dente ». Malamente si ritiene che sia l’onore a esigere da un albanese di vendicarsi. Il movente fondamentale è il ristabilimento dell’ordine turbato dal delitto mediante l’applicazione di una pena esattamente corrispondente. E siccome nell’innocente ucciso viene colpita tutta la sua famiglia, l’uccisore « entra in sangue » con la famiglia del morto. Quando le due famiglie « in sangue » hanno un numero eguale di vittime, la pace è automaticamente ristabilita e chi la viola con un eccesso che apre un nuovo sangue, ha dalla comunità la casa bruciata. D’accordo che codesto conto corrente di schioppettate e di cadaveri è terribilmente barbaro, per quanto non sia lasciato all’arbitrio individuale, ma dipenda dalla decisione degli anziani della tribù (fiss) o della « bandiera » (bajrak) i quali studiano ogni caso, valutano le circostanze e decidono se vi sia « sangue » o meno, secondo l’antica legge della montagna e il Kanun e Lek Ducagjin, canone di Alessandro figlio del duca Giovanni, d’immemorabile tradizione. Occorre tuttavia riflettere che il sistema è giunto fino a noi unicamente perchè gli albanesi non solo non hanno avuto dal regime turco tribunali regolari e una più giusta ed equa procedura giudiziaria, ma anche perchè il turco ha riconosciuto l’autorità dei « vecchiardi », ha tollerato a occhi chiusi il metodo della vendetta e l’ha perfino favorito, in quanto rientrava nel suo disegno di mantenere divisa e guerrigliante l’Albania per meglio servirsene come magazzino ine- 120