PIO BONDIOLI state un giorno città sorelle e i popoli dell’Epiro cao-nio e dell’Italia avrebbero unito le loro sorti. « Sia quello il compito dei nostri nepoti! » aveva concluso Enea drizzando la prora lungo la costa segnata dagli Acrocerauni. Gli scavi recenti della missione archeologica italiana hanno rimesso alla luce le rovine dell’antico Buthroto le quali confermano la verità delle diffuse leggende accolte nel poema virgiliano. L’augurio e il voto, che nel primo tempo dell’Im-pero romano parve compirsi con l’invio di una colonia, quando ormai le strade militari solcavano tutta la penisola, raggiungendo il mare Egeo, alla distanza di quasi due mila anni e mentre ancora vibrano gli echi delle celebrazioni augustee sono finalmente realizzati in pieno e senza possibilità di ritorni. L’Albania congiungendosi all’Italia, secondo la decisione dell’Assemblea Costituente riunitasi a Tirana il 12 aprile 1939, non ha risolto soltanto il problema del Capo dello Stato ma quello stesso della propria vita nazionale. Ne la repubblica di Fan Noli, il prelato ortodosso che concepì il suo paese in funzione antislava, nè il pallido regno di Ahmed Zog che tentò una politica di maldestro equilibrio tra le diverse forze che premevano sul paese e cercò unicamente di trarne dei vantaggi personali col segreto pensiero di liberarsi appena possibile di chi lo aveva aiutato a salire al trono e ve lo manteneva, potevano ridare all’Albania, profondamente divisa all’interno da secoli, incapace di costruirsi un’economia autonoma, la forza di sollevare gradatamente la scarsa popolazione a un livello di civiltà e a un benessere di vita che le permettesse di assidersi, con parità di diritti e autorità, nel mezzo della grande famiglia europea. 10