PIO BONDIOLI bohova, il consigliere di Legazione Pasquale Sareggi, il deputato Abdurahaman Mati e il medico personale dottor Giovanni Basho, il Re veniva fatto segno a diversi colpi di rivoltella sparati a pochi passi di distanza da due individui, mentre prendeva posto sull’automobile sull’Operngasse. Restò ucciso da proiettili alla nuca il Topolai e ferito il Libohova. Il sovrano non venne raggiunto, per quanto gli attentatori si portassero davanti al cofano e lo prendessero di mira. Il Libohova fece fuoco a sua volta e, pare, anche il re, che restò molto emozionato. Gli attentatori, subito arrestati, dichiararono di « lottare » per i loro ideali. Erano l’uno lo scutarino Nedok Gjeloshi, trentottenne, ex ufficiale della gendarmeria albanese e da quattro anni residente con la moglie a Vienna; l’altro l’ex capitano Aziz Chami, della stessa età, nato a Vilat nel distretto di Argirocastro, ex volontario nell’esercito del principe Wied, poi tenente nell’esercito austro-ungarico durante la guerra e prigioniero in Italia, quindi profugo a Brindisi e Corfù, in seguito alla caduta di Fan Noli. La polizia viennese, accusata di non aver saputo impedire l’attentato, procedette a molti arresti nella colonia albanese, fermando tra gli altri l’ex funzionario delle Finanze Suma Angjelin, Qazim Mulleti e il noto avversario di Zogu, Hassan bey Prishtina. L’ampiezza dell’inchiesta della polizia non garbò affatto a Tirana. Ivi i corrispondenti dei vari giornali vennero forniti di notizie atte a sviare l’attenzione europea. Così il Pester Llyod di Budapest pubblicava l’informazione che l’attentato era stato organizzato dal fratello di Cena Beg, già ministro a Belgrado, assassinato il 14 ottobre 1927 a Praga con l’appoggio — 172