ATTILA doveva certamente aver favorito anche nella Venezia Giulia il fenomeno dell’urbanesimo e la popolazione cittadina doveva essersi accresciuta della plebe rurale non solo occasionalmente, come gli autori ci dicono che avvenne fin dal tempo di Massimino, ma in modo ormai stabile e duraturo ; nelle mura infatti gli abitanti trovavano rifugio e protezione, nel loro numero raggiungevano la possibilità di resistenza, nei magazzini urbani conservavano il rifornimento necessario. Aquileia poi aveva dimostrato alla prova di poter dominare l’importante via delle Alpi, sicché nessun’altra fortezza prima di Ravenna poteva essere ormai considerata valida per opporsi ad eserciti invasori. E con Ravenna Aquileia aveva comune un altro notevole vantaggio : di essere cioè sede navale importante ; in caso infatti di invasioni e di ribellioni la flotta poteva contro nemici, generalmente privi di navi, essere validissimo strumento di offesa o in caso di pericolo rappresentare un sicuro rifugio. Non sarà inopportuno a completare il quadro dell’importanza di Aquileia circa la metà del sec. V, il riflettere che in città popolosa e ricca, quale essa fu in questo tempo, gli abitatori potevano certo trovare tutti quegli agi e quelle raffinatezze che avevano fatto di altri centri come Roma e Milano sedi ambite di imperatori e di nobili desiderosi di cercare fra il travaglio dei tempi difficili il conforto del piacere e dell’oblio. D’altro lato Aquileia oltre che rappresentare, come s’è detto, uno dei patriarcati più importanti d’Italia (1) doveva essere il primo rifugio di religiosi, che sospinti dai barbari del settentrione, o sconfortati dalle rovine materiali e morali della civiltà, cercavano un luogo sicuro dove nascondere il loro desiderio di pace e di purificazione. Queste considerazioni spiegano perchè Attila nel 452p, scendendo in Italia reduce dalla impresa della Gallia Transalpina, avesse puntato sopra Aquileia, e come la caduta di Aquileia, drammatizzata sempre più ampiamente dagli storici successivi, avesse tanto commosso il mondo romano e cristiano di quello e dei secoli successivi. Dalle fonti (2) il racconto dell’ invasione si può ricostruire in (1) Cfr. Lanzoni, Le diocesi d’Italia li, 1888. (2) Proc., Bell. 111,4,30-35; Paul. Diac., Hist. Rom. XV, 7-9; Jord., Bell. Goth. 42, 219-21 ; Mommsen, Chr. min. I, 302 (Consul. italica, ed. excerpta ex Agnelli libr.); 482 n. 1365 (Prosper., Chron), cfr. 492; 568 (Notitia Galliar.), 663 n. 617 (Chron. Gali, a DXI); II, 84 (Marcellin., — 85 —