INTRODUZIONE - CAP. II Aquileia esso apriva uno scalo per grosse navi al traffico Aquileiese, probabilmente già in età Augustea. A completare la ricostruzione topografica del territorio Aquileiese nell’antichità, può anche giovare il ricordo di quanto gli antichi dissero dei dintorni della città; non poche discussioni suscitarono, come vedremo, le parole di Livio (1), quae inculta per solitudines viderent, con cui egli indica la natura del terreno quale apparve ai primi colonizzatori ; in realtà, mentre qui Livio pare alluda a territori incolti, quando più oltre osserva che plerique arma ex agris rapta habebant e soggiunge che erano venuti populantes agros, sembra voglia affermare che invece tale medesimo territorio era coltivato e quindi abitato (2). Per età più tarda vale l’attestazione di Giulio Capitolino (3), che riferisce delle cacce che Lucio Vero avrebbe intrapreso nei dintorni di Aquileia ; al tempo di Massimino invece risulta da parecchie fonti (e solo un contrasto colle distruzioni portate dall’esercito invasore, può avere portato ad accentuare le tinte della descrizione) che i dintorni della città erano coltivati a viti e ad alberi da frutta, anzi aggiungono che la maniera con cui le une erano intrecciate alle altre dava al paese l’aspetto di un luogo di continua festa (4), ed analoga ubertosità trova Ammiano Marcellino (5) nei dintorni di Aquileia al tempo di Giuliano. Più tardi, alla venuta di Teodosio, Paolo Diacono (6) rileverà, anche nei dintorni dell’Isonzo, i pascoli ubertosi, dove i giumenti riposeranno dalle fatiche della traversata delle Alpi. Naturalmente nessuno degli autori antichi parla di malaria Aquileiese, anzi, come già ho detto, Vitruvio (7) dichiara che malgrado la vicinanza delle paludi, Aquileia è saluberrima ; la malaria si manifesta soltanto dopo la caduta della città ed è causata dal mutato (1) XXXIX, 54. 11 Fistulario, Della geografia antica del Friuli, Udine, 1775, 11 seg. si indugia ampiamente per dimostrare che il piano non era deserto ; cfr. Oberzinier, Le guerre di Augusto, 175 e seg. (2) XXXIX, 54. Per l’estensione successiva dell’agro aquileiese vedi poi pp. 23 e seg. (3) Ver. 9, 8. (4) Herodian., Vili, 4, 5; cfr. poi il passo di Athen., Deipnos. IH, 82 c per i ¡ArjÀx ¡¿ar-navà, e vedi più oltre a p. 304. (5) XXI, 12, 15. (6) Hist. rom. XV, 15 : dum uberrimis quae eo loco habentur pascuis fatígate aliquantulum ex itineris longitudine iumenta reficeret. (7) XX, 3; cfr. Bertoli, Ant. Aquil. 60-1. — XCIV —