INTRODUZIONE - CAP. I che sotto il suo governo la « antiquissima nobilissimaque olim Italiae urbs Aquileia, Carniaeque provinciae metropolis » risorga, ma gli dice che si è recato egli stesso ad Aquileia, non risulta quando (1), a copiare varie epigrafi, di cui gli manda una come primizia. Circa il 1448 scrisse de nobilitate pariter et antiquitate civitatis Aquileiae (2) un canonico Aquileiese conosciuto coJ nome di Jacopo da Udine, supposto della famiglia Simeoni e morto forse nel 1483; l’operetta è indirizzata a Francesco Barbaro, luogotenente del Friuli e fu pubblicata solo nel sec. XVIII dal Liruti (3); vi si trovano in germe quei numerosi argomenti che storici successivi svilupperanno con ampiezza e dottrina assai maggiore e vi si accenna non solo alla città pagana, ma anche al Cristianesimo Aquileiese fino a Poppone (4) ; l’opuscolo chiude con la trascrizione di quattro epigrafi, che l’autore dichiara vedersi ancora in luogo tra fram- (1) Le parole di Ciriaco: latinam hanc inscriptionem ex me ex eadern ipsa civitate alias inter exacta tempestate compertam hisce, Reverendissime P. T. rescribendam delegi; da esse non mi pare si debba ricavare, come vuole il Mommsen, loc. cit., che Ciriaco fosse andato ad Aquileia proprio nel 1439. (2) Cfr. l’opera citata nella nota seguente p. 107. (3) Jacopi de Utino, canon. Aquil., de civitate Aquileiae epistola circa annum 1448 scripta ad Franciscum Barbarum, locumtenentem Fori /ulii, edita in Facciolati, Misceli, di varie operette, Venezia, 1740, II, pp. 99-134; il Liruti stesso nella prefazione dà notizie dell’autore ; di tale operetta ho visto anche la copia in un codice appartenuto al Fontanini ed ora nella Marciana di Venezia (Cl. lat. XIV, 49 (= 4270) n. V), tratta da un manoscritto Vaticano. (4) La trattazione è divisa in due parti, pp. 110-121, Aquileia pagana; pp. 121-131 Aquileia cristiana; nella prima parte considera la città come capitale della Venezia, accenna all’ origine del nome (aquila, aqua), alla grafia (Aquileja, Aquilegia), alla fondazione; combatte coloro che dichiarano Aquileia fuori d’Italia ; crede poi che la città Gallica fondata prima di Aquileia sia Cividale ; s’indugia sul soggiorno aquileiese di Augusto e di Tiberio ; cita Marziale ; accenna a Massimino e all’episodio dei capelli delle donne sacrificati alla salvezza della patria; non conosce ancora Ero-diano, ma ne ha avuto vagamente notizia. Breve è pure la trattazione del cristianesimo Aquileiese, da S. Marco a Poppone; la distruzione di Attila gli dà modo di citare l’episodio di Dugna; all’inizio dell’opera, come alla fine, piange sulla solitudine e l’abbandono di Aquileia al suo tempo : Aquileia olim nobilissima et prestantissima Latinorum colonia, nunc vero veternosa et omni cultu destituta solitudo (p. 109). — xviii —