CAPODAGLIO, DEL TORRE anche hanno luogo epigrafi di Aquileia (1), partito dalle considerazioni di alcune epigrafi di Anzio a carattere sacro, svolge per la prima volta ampiamente una trattazione intorno a Beleno, e più brevemente intorno a numerose altre divinità Aquileiesi, riportando infine settantasette iscrizioni della città in gran parte copiate dal Capodaglio (2), di cui si serve anche per gli indici epigrafici alla fine del libro. Riflesso probabile delle fatiche del Capodaglio e della nuova fase di ricerche in cui entrano gli studi Aquileiesi è, se vedo bene, anche il lungo poema di Belmonte Cagnoli, Dì Aquileia distrutta che, dedicato alla Repubblica Veneta, uscì nel 1725 (3). Abbiamo poi la prova (4) che il Vescovo di Adria cercò anche dopo la pubblicazione del volume corrispondenti locali e se ne servì per chiarire alcuni punti oscuri della epigrafia Aquileiese, sicché non è assurdo pensare che non solo il suo libro con quello del Capodaglio, ma anche le sue personali sollecitazioni (5) abbiano potuto indurre Gian Domenico Bertoli, canonico di Aquileia, a raccogliere i resti di Aquileia in un primo museo privato e a preparare la sua maggiore opera, di cui sto per parlare. Vi hanno certamente contribuito anche le lodi di Nicolò Ma- il) R. Fabretti, Inscriptionum antiquarum quae in aedibus paternis asservantur expticatio et additamentum una cum atiquot emendationibus Gruterianis, Romae, Gallori, 1702. (2) Cfr. Mommsen in IL. V, 1 p. 80 n. XVII. (3) Belm. Caonoli, Di Aquilea distrutta, in-16, pp. 658, Venezia, Fr. Baba, 1725. (4) Tale prova mi pare risulti dal carteggio di mons. Del Torre raccolto fra i mss. De Rubeis nel codice della Marciana di Venezia Class, lat. XI, 54 (= 6791) dove tra l’altro troviamo una lettera che credo inedita da Portogruaro al Del Torre per opera di Girolamo Dairo in data 16 die. 1706: < nel trascorso Aprile ho fatto una passeggiata nell’antica e più volte desolata Aquileia. Nelle piazze ho trovato il bel cippo di Febiano medico e servo del console Fabiano [IL. V, 870] in fila di due belle ed intiere statue togate che popolano quel quadro spazioso. I Sig.ri Capodalei non hanno più abitazione in Aquileia e in Udine non tengono Iscrizioni di sorta che si sia; onde invano ho ricercato di legger l’altro console T. Caesernio Macedone Quinctiano [IL. V, 866] come tanto vi bramava. I caratteri dell’ iscrizione di Fabiano sono ben tirati e di buon maestro, come per lo più quei dell’altre Iscrizioni, anco de’ secoli più bassi ecc. » ; nel seguito della lettera si occupa dell’ iscrizione IL. V, 7990. (5) Del Del Torre e dell’opera sua parla il Bertoli, Le Antichità di Aquileia I p. XIII. — xxvii —