- 139 — Quamvis non tanta ipsae Lentulitate Carinae et Appietate sonent : verbo compicciar et uno Quidquid Romae agitur. Discordia maxima secum est Unicuique atque omnis homo est simul ater et albus, Ut dubitem quos corvis, quos tribuisse columbis. 185 Quot buccae calidum flantes et frigidum eodem Ex ore occurrunt et Sphinge aenigmata digna ? fa di Vulteio Mena due persone e per Mena usa la grafia col dittongo ae). Per fullonum cfr. Resti, Sat. IX, 76-77, atque obstetrices inter pannosque lavantes extemplo fieri praeclarum ac nobile nomen : fullones lavatori di panni, purgatori, gualchierai (terni, dei lanaioli). A Ragusa c’era fin dal sec. XV la camera dell’arte della lana, sotto la vigilanza dello Stato: nelle tintorie si allogavano operai per lo più erze-govesi e la lana si faceva venire anche dalle Puglie : la repubblica voleva gareggiare quanto ai lanifici con Firenze : a ciò miravano le varie leggi sul filare di stame e sulla lavatura della lana (K. Vojnovic in Rad» CX1V, p. 181-183). — 181-182. non tanta ipsae Lentulitate Carinae et Appietate sonent. I due astratti (Lentulitas, Appietas) di conio ciceroniano indicano l’antica nobiltà e i fasti di queste due famiglie. Cic. ad farn. Ili, 7, 5, ullam Appietatem aut Lentulitatem valere apud me plus quam ornamenta virtutis existimas ? Nei quartieri aristocratici di Roma (Carinae, ai piedi dell’Esquilino) non s’udivano tanto nominare gli Appii e i Lentuli, quanto ovunque risuonano le grandigie nobilesche dei fullones Vulteio e Mena (pare che il Mena di Orazio fosse stato un liberto greco). 183-184. quid quid Romae agitur etc. Qui il tono si fa più dimesso e prosaico (sermo pedester) cfr. Cic. ad Att. II, 11, quo die non melius scirem, Romae quid ageretur, quam ii, qui erant Romae. — discordia maxima secum est unicuique (i due punti dell’ ediz. di Padova dopo est vanno tolti) ognuno ha in se stesso la discordia più grande, è al massimo grado discorde con se stesso. Secondo Stobeo, Zenone avrebbe detto invece che bisogna ó/wXoyovfiévcog ¡¡fjv (vivere d’accordo con se stesso, in maniera coerente) e in Seneca c’è vita sibi concors (Melli cit., p 117-118). ater et albus (l’unione allitterante dei due aggettivi si trova spesso nei latini, anche in senso traslato): si veda per il senso Hor. Sat. II, 3, 246, creta an carbone notati: ater - vizioso, reo; albus virtuoso, innocente. — 185. ut dubitem quos corvis, quos tribuisse columbis: anche i due sostantivi corvi, columbae (altra allitt.) si accostavano con significazione antitetica per malvagi e innocenti: Juv. II, 63, dat veniam corvis, vexat censura columbas; in ital. Ariosto, Ori. fur. Ili, 11, 2-3, che dal del lo bandisca, o che ve 1 erga, secondo che sarà corvo o colomba. Colomba 0 corvo per innocente o colpevole è dell’uso vivo toscano (Petrocchi, Diz.). 186-187. quot buccae calidum flantes et frigidum etc. L'immagine è tolta dalla favola esopica ”Av$-Qiojzog y.a'i SnvvQog (ed. Halm, 64). Un uomo e un satiro avevano stretto amicizia. Essendo inverno rigido l’uomo soffiava sulle dita per riscaldarle; portata poi una pietanza calda, la rendeva col medesimo alito fredda. Allora il satiro: a/./. ’ ànordooofiai aov rij (ft/Ja, o> ori toc, (ivi èx tov adìrov avófiarog vò d'SQfiòv xa't vò yw%QÒv ìptig (mandi dalla bocca medesima caldo e freddo). Avào ovv y.cd ij/ung jiEOKpevyetv òtl ti/v (f tllav a>v à{i(pi[loÀóg èanv t) òicWeaig (rinunziare all’amicizia di coloro, il cui sentimento è ambiguo). Negli